La chitarra poggia sulle
gambe, anche se Lucinda non ha ancora ripreso a suonarla dopo le conseguenze
motorie lasciate da quella malattia che l’ha colpita tre anni fa. Tutto
a tempo debito: se è tornata a camminare, grazie alla tenacia che la contraddistingue
da sempre, arriverà anche il momento in cui gli accordi si faranno strada
fra le sue dita. Manuale di resistenza e reazione, al tempo stesso umana
e sonora, Stories From a Rock n Roll Heart non può che occupare
un posto particolare nella discografia della rockeuse della Louisiana,
una collezione di ricordi, omaggi e sentimenti che oscillano fra l’evocazione
nostalgica e la ribellione ostinata, una dichiarazione di sopravvivenza
che non scade mai nella commiserazione, semmai dà un calcio al destino
e rivendica il proprio ruolo di outsider della canzone Americana: "Give
me one more song to sing along to" intona con straziante trasporto
in Last Call for the Truth.
Per arrivare in fondo però ci è voluto un lavoro più corale del solito,
un’intensa serie di collaborazioni, dalla stesura delle canzoni (impossibilitata,
appunto, a comporle sulla chitarra) alla loro realizzazione musicale,
grazie a un cast di amicizie artistiche che impreziosiscono una scaletta
di per sé robusta e coerente. L’effetto è quello di un album che non aggiunge
novità al canone sonoro della Williams, ma ne rilancia la figura, il ruolo
di icona del roots rock, l’indomita passione e anche, perché no, la “arroganza”
di sentirsi nuovamente al centro della scena. La riscossa è lanciata al
grido di Let’s Get The Band Back Together,
con il sostegno delle voci degli ospiti Margo Price, Jeremy Ivey e Buddy
Miller, immersione nel groove sudista di casa che apre i giochi senza
infigimenti.
Da qui alla chiusura celebrativa e orgogliosa di Never
Gonna Fade Away, un grido di battaglia per la propria stessa
esistenza, Stories From a Rock n Roll Heart metterà in fila un
parterre di chitarre e chitarristi da far morire di invidia tutti i colleghi
(Joshua Grange, Stuart Mathis, Doug Pettibone, Derek Cruz…), inseguendo
un modello di rock’n’roll grondante boogie ed elettricità urbana,
non a caso influenzata dalle presenze dell’amico Jesse Malin come co-autore
e di Bruce Springsteen (e della moglie Patti Scialfa) come spalla vocale,
dall’epica di New York Comeback
alla stessa Rock N Roll Heart. Aggiungete alla ricetta la
propulsione ritmica che offre al motore della band la batteria di Steve
Ferrone (Tom Petty & The Heartbreakers) e avrete a disposizione tutte
le coordinate lungo le quali l’album si muove: fedele a quella storia
di cui solo Lucinda Williams può conoscere il finale, e che di
recente è stata anche oggetto del libro autobiografico Don't
Tell Anybody the Secrets I Told You.
Nel frattempo lei canta persino con un tono di voce rigenerato rispetto
alle recenti prove di studio: meno gorgoglii dark e rabbia, più afflato
e sentimentalismo, come accade nella cullante malinconia country di Jukebox
(ai cori presente Angel Olsen, per un brano che cita Patsy Cline e Muddy
Waters in un colpo solo) e persino nell’inedita presenza degli archi che
avvolgono la speranza di Where the Song Will Find Me. Disco carico
di memorie e tributi più o meno diretti a chi ne ha ispirato la vita e
la musica, Stories From a Rock n Roll Heart mantiene la parola
data e non tradisce il titolo stesso, dedicando una fiammeggiante Stolen
Moments all’assenza tragica di Tom Petty in tutti i nostri
cuori, così come una più sinuosa e strascicata Hum’s Liquor alla
dimenticata figura di Bob Stinson, chitarrista dei Replacements la cui
scomparsa Lucinda Williams tratteggia con empatia, anche grazie all’aiuto
del fratello Tommy Stinson alla seconda voce.
Morte e malattia non la spaventano, il palcoscenico è la sua vita (anche
quando tutto sembra crollare, come di recente è capitato di osservare
nel tour passato per l’Italia), il rock’n’roll la sua missione: Lucinda
Williams ci chiede un sostegno e lo restituisce lei stessa a noi, semplicemente
perché questo sogno non finisca.