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Bywater Call
Remain
[Gypsy Soul 2022]

Sulla rete: bywatercall.com

File Under: canadian southern soul


di Paolo Baiotti (02/01/2023)

Se non sapessi che provengono dalla zona di Toronto, Canada, avrei localizzato l’origine dei Bywater Call nelle paludi della Louisiana, a New Orleans, a Memphis o nella zona dei Muscle Shoals Studios. Si sono fatti notare a fine 2019 con l’omonimo esordio che ha stazionato a lungo nelle classifiche canadesi di settore. La pandemia ha impedito una degna promozione dell'album, ma hanno comunque suonato in molti festival locali e attraversato l’oceano un paio di volte, trovando una calda accoglienza in nord Europa, dove torneranno nel 2023, quando per la prima volta suoneranno anche negli Stati Uniti.

Guidati dalla voce potente ed espressiva di Meghan Parnell e dalla chitarra di David Barnes, che ne sono anche i principali autori, i Bywater Call suonano una miscela di southern soul e roots music con influenze blues e gospel di notevole caratura ed intensità. Completati da una sezione ritmica, dalle tastiere e da una coppia di fiati che colorano e arricchiscono il suono, hanno sicuramente il punto di forza nella voce davvero notevole di Meghan, accostabile inevitabilmente a quella di Susan Tedeschi, anche se dotata di una maggiore duttilità e robustezza. Remain - album uscito alla fine dello scorso luglio - è arrangiato con maggiore cura rispetto all’esordio e denota progressi in ambito compositivo, mantenendo l’emotività e il calore del disco precedente.

L’energica Falls Away è una partenza briosa e poderosa allo stesso tempo, con la chitarra slide di Barnes e le tastiere di Alan Zemaitis che creano un accompagnamento adeguato alla veemente interpretazione di Meghan, che si ripete nell’accattivante e avvolgente soul di Lover Down Slow, in cui spicca di nuovo la slide, che ricorda il suono della Tedeschi Trucks Band non solo per la voce, e in Remain, una ballata emozionante sulla perdita di un amore dovuta alla distanza fisica e mentale, con una chitarra bluesata e dei fiati malinconici, che cresce di vigore nel finale. In brani come la ritmata Let Me Be Wrong, la fiatistica Left Behind e la funkeggiante Ties That Bind si respira un’atmosfera da anni Settanta che può apparire eccessivamente derivativa, anche se non c’è nulla fuori posto e il groove è irresistibile, specialmente in quest’ultima, mentre nella ruvida Go Alone la chitarra, sia elettrica che slide, assume un ruolo primario.

Tracce più quiete come l’appassionata Fortune e Locked, tinta di sapori di southern gospel con un organo da chiesa che affianca la voce sofferta della Parnell e un crescendo palpitante, confermano l’evoluzione della formazione canadese, che chiude l’album con l’entusiasmo contagioso di Bring It Back.


    



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