Cinquantasette
anni sono un’eternità. Il lasso di tempo che una persona media impiega
per nascere, studiare, trovare la sua strada, magari mettere su famiglia,
poi, nella maggior parte dei casi, imbolsire e attendere la pensione.
57 anni fa iniziò il primo attacco USA in Vietnam, Muhammad Ali sconfisse
Sonny Liston nella rivincita per il titolo mondiale dei pesi massimi,
si formarono band come Pink Floyd e The Doors e i Beatles diventarono
baronetti, e nacque gente come Lenny Kravitz ed Eddie Vedder. E, strano
ma vero, lo stesso periodo di tempo è stato necessario affinché due colossi
della musica americana, Ry Cooder e Taj Mahal, si ritrovassero
per pubblicare un nuovo disco. Dal lontano Rising Sons del 1965
(con Ry Cooder diciassettenne...) al 2022 con Get On Board,
cinquantasette anni ci hanno separato dal poterci godere un nuovo album
di questi grandissimi artisti.
Non che i due non abbiano più suonato insieme (Ry appare, per esempio,
nel primo disco solista di Taj del 1968) o non siano più rimasti in contatto,
ma nessun disco a quattro mani da allora. E per l’occasione di questa
tardiva rimpatriata, i due rispolverano undici brani di una delle coppie
più longeve (ben 45 anni di sodalizio!) del folk blues americano, Sonny
Terry e Brownie McGhee, artisti che i due hanno imparato ad amare da ragazzi
e da cui entrambi ammettono di essere stati fortemente influenzati. Se
Taj si occupa principalmente dell’armonica e Ry di tutto ciò che ha delle
corde da pizzicare o percuotere vigorosamente (come si sente bene nell’apertura
My Baby Done Change the Lock on the Door), è Joachim Cooder (che
presta anche il salotto di casa per la registrazione) che si occupa del
ritmo, con batteria, percussioni e basso.
Le canzoni sono delle gemme di Piedmont blues che, con la capacità di
Terry e McGhee, diventano virali e rimangono in testa per la loro festosità
e per il loro ritmo. Nel disco sono presenti alcuni dei brani più famosi
scritti o interpretati dal duo: Pick a Bale of
Cotton, I Shall not Be Moved, The Midnight Special,
What a Beautiful City. Le citate My Baby Done Change the Lock
on the Door e Pick a Bale of Cotton sono festose sarabande
musicali; Pawn Shop Blues, What a Beautiful City, dei brani
più ombrosi e “bluesy”; I Shall not Be Moved,
in chiusura, rimane invece quella canzone di resistenza che, a più voci,
è stata intonata per decenni per infondere forza e coraggio a chi in America
è ancora oppresso e discriminato, senza però risultare troppo tristanzuola
come capita spesso in rimaneggiamenti strappalacrime (ma qui è cadenzata
e allegra, come risultava appunto la versione di Terry e McGhee). Brani
leggendari, ripresi mille e più volte da tantissimi artisti blues e non
solo.
Il lavoro che i tre musicisti fanno è magistrale, inutile dirlo. Se Ry
è probabilmente il chitarrista in attività che amiamo di più e il figlio
Joachim è un percussionista sopraffino, Taj, con la sua voce roca e la
sua abilità all’armonica, aggiunge un tocco di Delta in più all’ormai
inossidabile saga familiare dei Cooder. In tempi dove tutto è "fast",
questo è un disco decisamente “slow”, nella genesi, nella gestazione,
nella produzione, e sicuramente anche nell’ascolto. E’ un disco che va
ascoltato alla vecchia maniera, su un giradischi o, laddove non è possibile,
su un lettore CD. Ma certamente non in in streaming o mp3. Perché come
tutte le buone cose di una volta, ha bisogno del suo tempo per essere
gustato fino in fondo. Perché dopotutto, se le tempistiche rimangono le
stesse, abbiamo 57 anni di tempo per ascoltarlo in attesa del terzo capitolo.
Cerchiamo di farcelo durare.