Non è mai troppo tardi,
questo sembra essere il leitmotiv che accompagna la “giovane” carriera
di Robert Finley da quando nel 2016 viene scoperto dall'associazione
Music Maker Relief Foundation, che lo aiuta ad organizzare un tour con
artisti come Robert Lee Coleman e Alabama Slim. Dopo questa prima esperienza
viene notato da Bruce Watson e Jimbo Mathus, che producono il suo primo
disco Age Don’t Mean a Thing, che viene apprezzato da pubblico
e critica, anche per le sonorità spiccatamente Stax che fanno accostare
il suo stile a quello di Booker T and the MGs, James Brown e al BB King
più RnB. Ma tutto questo succede dopo che il cantante e chitarrista -
nato a Bernice, Louisiana, nel 1954 - passa dall’esercito (come elicotterista),
ad artista di strada con il suo gruppo Brother Finley and the Gospel Sisters,
a muratore fino al 2015 quando, definito legalmente cieco, dovette andare
in pensione anticipata. E fu proprio in quel periodo che venne notato
mentre suonava come busker in Arkansas e la sua vita cambiò veramente
dalla notte al giorno.
Nel 2017 Robert Finley viene posto sotto l’ala protettiva di Dan Auerbach.
Insieme al frontman dei Black Keys scrive il disco Goin’
Platinum, prodotto dall’etichetta del chitarrista di Akron,
la Easy Eye Sound, e parte in tour in giro per il mondo. Dopo un anno
di stop forzato nel 2020, nel 2021 Finley pubblica il nuovo disco, ancora
più autobiografico dei precedenti, Sharecropper’s Son, sempre
prodotto da Auerbach. Ed è già un successo anticipato. Il singolo, nonché
apertura del disco, Souled Out on You, è come si può intuire un
brano di marcata origine soul, in cui il falsetto di Robert Finley la
fa da padrone. Di maniera ma incredibilmente ben fatto e ben confezionato,
ci rimanda ai gloriosi tempi in cui il genere spopolava e i grandi protagonisti
non erano solamente nomi da classifica, ma grandi artisti. Make
Me Feel Alright invece è rhytmn and blues al limite del rock,
gran tiro e carica. Un giro shuffle di batteria apre Country Child
che, con il suo incedere blues elettrico, richiama i grandi che portarono
il genere dalla campagna alle città. Slide distorto e gran voce di Finley,
impreziosiscono un brano già di per sé ottimo.
Altra highlight del disco è la title track Sharecropper's
Son, un brano puramente autobiografico sull’infanzia dello
stesso cantante nelle piantagioni della Louisiana. Armonica, piano elettrico,
basso pulsante, per una canzone che non sbava nemmeno di una virgola sia
nell’arrangiamento sia nell’esecuzione. Bellissima ancora My
Story, ballad RnB con virate gospel, e ottima pure la funkeggiante
Starting to See. Ma ogni brano meriterebbe ben più di una riga,
quindi forse meglio lasciare all’ascolto diretto di chi vorrà fare un
tuffo nella musica di questo grande artista. Questo terzo disco di Robert
Finley è stato prodotto a Nashville e registrato negli Easy Eye Sound
studios di Auerbach con una pletora di veterani che ruotano attorno alla
più musicale delle città americane. Non è mai troppo tardi dunque, e l’età
è solo un dato anagrafico: qualora dovessimo scordarci di queste due frasi
fatte, ci sarà sempre Robert Finley con il suo Soul e il suo falsetto
inarrivabile a ricordarci che, nonostante siano soltanto modi di dire,
c’è molto di vero in entrambe. Nelle sue stesse parole, non sei mai troppo
giovane per sognare o troppo vecchio per vivere.