Jason Isbell and The 400 Unit
Reunions

[Southeastern/ Goodfellas 2020]

mwardmusic.com

File Under: a songwriter from Alabama

di Paolo Baiotti (13/05/2020)

Dopo la separazione dai Drive-By Truckers nel 2007, dovuta principalmente ai suoi problemi di dipendenza dagli alcolici e dalla cocaina, Jason Isbell ha inciso tre dischi con The 400 Unit, pur cadendo sempre più in basso da un punto di vista fisico e mentale. Solo la forza di volontà, l’aiuto della famiglia e il matrimonio con la cantante e violinista Amanda Shires lo hanno salvato. Non è un caso che l’acclamato Southeastern sia uscito nel 2013, alla fine di un cammino di riabilitazione iniziato nel febbraio dell’anno precedente a Nashville. Sobrio da otto anni, proprietario della sua musica, che pubblica sulla label personale, consapevole che dopo avere venduto 50.000 copie inizia a guadagnare (e nonostante il mercato di oggi, in dieci giorni riesce sempre a farlo), con una casa nella campagna di Franklin in Tennessee, una moglie che lo segue spesso anche in tour e una figlioletta, Isbell ha ritrovato in pieno la serenità, senza perdere forza e vigore nel suo modo di scrivere.

Anzi, proprio l’esperienza personale è diventata l’argomento principale della sua scrittura, una delle più profonde tra i cantautori roots dell’ultimo decennio. Something More Than Free ha confermato le sue doti non comuni, The Nashville Sound e Live From The Ryman forse hanno un po’ deluso, specialmente il disco dal vivo inferiore al precedente Live From Alabama, ma Jason è uno dei pochi artisti di questo genere in crescita di consensi e di visibilità. Il produttore Dave Cobb, che lo accompagna ormai da alcuni anni, ha dichiarato a proposito della sua scrittura: “si comporta come se stesse scrivendo sempre l’ultima lettera della sua vita”. Ed è proprio questa la caratteristica migliore di Jason: si mette completamente a nudo, è sincero fino in fondo ed ha una voce magnifica con un fondo di malinconia che sembra portarsi dietro i dolori e gli errori di una vita.

Reunions è il settimo disco in studio, nuovamente registrato con i fedeli 400 Unit, aperto dall’intensa What I’ve Done To Help avvolta dalle tastiere di Derry De Borja e percorsa dalla morbida slide di Sadler Vaden. Un brano ricco di pathos, molto curato nel suono e nell’arrangiamento, ripetitivo nel testo, con una crescita strumentale alla quale partecipano le voci di David Crosby e Jay Buchanan (Rival Sons). L’elettroacustica Dreamsicle rallenta subito il ritmo seguendo le coordinate preferite negli ultimi dischi pieni di ballate sofferte, con il violino e la voce di Amanda che sottolineano una storia di rapporti famigliari problematici, seguita dalla soffusa e riflessiva Only Children. Se Overseas accelera, pur attraversata da un filo di malinconia, il mid-tempo Running With Our Eyes Closed non convince pur non avendo nulla fuori posto. Ma Jason sembra più adatto ai tempi lenti, quelli della pianistica River, dell’intima e dolente St. Peter’s Autograph e della conclusiva Letting You Go spolverata di country, sebbene non sfigurino le altre due tracce, la frenetica Be Afraid e la robusta It Gets Easier, molto personale nel testo che racconta le sensazioni di un alcolista in lotta con il desiderio di trasgredire una volta di più.

In una recente intervista l’artista di Green Hill, Alabama ha dichiarato: “se avessi suonato negli anni Settanta, probabilmente sarei stato una star e avrei guadagnato molto di più. E sarei morto, non sarebbe finita bene. Voglio dire, di più non vuol dire sempre meglio”. Il ragazzo è cresciuto, per fortuna è sopravvissuto e saprà sicuramente produrre altro materiale all’altezza di questo Reunions.


    


<Credits>