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Dawes
Good Luck With Whatever
[Hub records/ Rounder 2020]

Sulla rete: dawestheband.com

File Under: classic (pop) rock


di Fabio Cerbone (03/11/2020)

La famiglia Goldsmith - Taylor alla voce e al songwriting, il fratellino Griffin dietro i tamburi, e tutta la band al seguito - tornano all’ovile e riscoprono la gioia di scrivere canzoni pop rock rotonde e colme di melodia ed elettricità, seguendo la stella californiana di una stagione che fu. Un buon segnale che li rimette in carreggiata dopo i tentennamenti, per non dire le vere e prorie cadute, dei predecedenti lavori, irrisolti e ambiziosi al tempo stesso, ma franati clamorosamente dentro un sound che non apparteneva a questi ragazzi della porta accanto. Il cambio di prospettiva avviene anche grazie al nuovo produttore, quel Dave Cobb di area country e Americana che si porta il gruppo in trasferta nella sua Nashville e punta il timone nella direzione opposta rispetto al Jonathan Wilson che aveva lavorato su Passwords.

La giravolta è evidente fin dal gracchiare della chitarra nel riff che introduce l’ironica e disuilusa Still Feel Like a Kid, un Taylor Goldsmith convinto e convincente che trova parole e suoni giusti per resuscitare la sensibilità classic rock della band, pronta a rotolare sulla strada con un occhio di riguardo alla melodia e ai ritornelli “catchy”, quintessenza del loro fare musica. Con un ruolo importante occupato da piano e organo (il bravo Lee Pardini), a gonfiare le armoniose composizioni dei Dawes, tenendo a bada le smanie di suonare per forza di cose “attuali”, la formazione californiana si ritrova semplicemente collocata fuori del tempo, la migliore soluzione per convincere anche gli scettici. Ritornano dunque gli amori di una volta, la stella polare di Jackson Browne e della West Coast, che ammanta ballate quasi perfette come Between the Zero and the One e l’irresistibile sapore dolciastro di Don’t Fix Me, mentre il trottare di melodia, chitarre e piano di None of My Business o del primo singolo, più piacione, Who Do You Think You’re Talking To? sembra flirtare con il lato più selvaggio di quella stagione rappresentato da Warren Zevon e ci aggiunge persino una punta di epica stradaiola dal cuore “springsteeniano”.

L’ispirazione non sarà alla pari con i loro anni migliori, che restano quelli degli esordi, ma i Dawes del 2020 sono un gruppo che riprende a respirare e Taylor Goldsmith un autore che dimostra il suo talento nel tratteggiare i sentimenti di un’età adulta, quella delle responsabilità, dei dubbi e delle paure, che nelle sue canzoni si intrecciano con una vena disincantata che non guasta a renderle più attraenti e immediate: capita con il battito pop sofisticato della stessa Good Luck with Whatever, un titolo che bene riassume il senso ultimo di questa raccolta di canzoni, così come nella dolcezza acustica di una St. Augustine at Night che ricorda non poco l’intimità folkie del più recente Jason Isbell, o ancora nel perfetto manuale da ballata soft rock al tramonto di Me Especially.

Giusto un passo prima i Dawes piazzano il loro carico da novanta: Free As We Wanna Be ha il sole dell’Eldorado californiano (che fu) stampato in fronte, un ritornello che ti prende al gancio e quell’incedere da ballata rock per romantici che nasconde in verità una riflessione amara sui meccanismi della società internconnessa che ci circonda e imprigiona tutti quanti. Bentornati a bordo.


    


<Credits>