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calypso blues di
Fabio Cerbone (21/01/2019)
Dall’educazione
classica di violoncellista, diplomata al conservatorio di New York, all’arcano
mondo musicale di New Orleans, attuale città adottiva e di ispirazione artistica,
riscoprendo l’ancestrale legame con le radici haitiane della sua famiglia.
Leyla McCalla è ormai una delle giovani voci più affascinanti del folk americano,
giunta al terzo disco solista (dopo una collaborazione nel progetto Carolina Chocolate
Drops) attraverso una crescente consapevolezza dei propri mezzi espressivi. La
maturità di The Capitalist Blues si riflette negli arrangiamenti
più variopinti e nei temi musicali più accesi che avvolgono queste canzoni, prodotte
in Louisiana sotto la direzione di Jimmy Horn, leader della band r&b King James
and the Special Men.
L’intreccio fra il gumbo tipico della regione, crogiolo
naturale di jazz, zydeco, folk, blues, e l’utilizzo disinvolto dei linguaggi inglese,
francese e creolo sono ancora una volta il tratto che distingue l’operazione di
Leyla McCalla, in questa occasione più “politica” che mai nell’indagare il suo
ruolo di artista, di madre e di cittadina americana, a tu per tu con il volto
contradditorio, spesso spietato del moderno mondo finanziario e i suoi riflessi
sulla vita sociale delle persone, dei migranti, dei poveri. Da qui il titolo rivelatore
di The Capitalist Blues, vivace orchestrazione
blues in stile New Orleans che apre le danze segnando il passo rispetto ai due
album che lo hanno preceduto. Messa in disparte l’asciutta trama acustica di quei
lavori, il nuovo corso lascia espandere la paletta dei colori, con sezione fiati,
ritmiche policrome e strumenti dal canto tradizionale, saggiando il terreno dell’amata
Haiti, il calypso e lo zydeco a stretto giro con il battito delle fondamenta sudiste.
Ne guadagna la solarità delle composizioni e anche l’efficacia del messaggio,
come anticipato una presa di posizione intenzionale sulle storture del “Capitalist
Blues” che tutti ci avvolge. Money is King
canta Leyla avviluppata tra gli accenti blues degli antichi quartieri della Big
Easy, prima di tuffarsi mani e piedi nel mare dei Caraibi con la sinuosa melodia
di Lavi Vye Neg e di intonare il languido gemito haitiano di Pehna.
Heavy As Lead fluttua leggera sulle note di una ballata soul, Me
and My Baby innalza gioiosa l’intrico di r&b e pianismo boogie che
infonde le vie dell’antica New Orleans e Oh My Love danza sull’aia al ritmo
trascinante di una melodia creola, suggerita da Corey Ledet all’accordion e Louis
Michot al fiddle.
Musicisti locali, con la partecipazione del collettivo
haitiano Lakou Mizik e della stessa Leyla McCalla (banjo tenore e chitarre) restituiscono
l’intensità arcaica e moderna al tempo stesso di questa musica, che sa farsi rispettosamente
roots nel tepore acustico di Ain’t No Use e spingersi alla fonte dei battiti
afro che salgono in superficie con Settle Down.
L'autentica, spiazzante sopresa si intitola però Aleppo,
evoca un luogo di disperazione umana e di vergogna collettiva che resterà nella
memoria di questi anni, e si muove sulle rovine di una ballata folk rock acidissima
nel tono della chitarra.