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Under:Bentonia
county blues
di Fabio Cerbone (01/11/2019)
Il Blues Front Cafe, territorio
di Bentonia, lo trovate sulla Highway 49, a circa trenta miglia da Jackson,
lungo il percorso denominato Mississisippi Blues Trail. Dicono, e non
abbiamo motivi per dubitarne, che sia il più vecchio juke joint ancora
in attività, ultimo strascico di un mondo in estinzione e di un linguaggio
tramandato oralmente, in via comunitaria prima ancora che pensato per
il gesto discografico. Jimmy "Duck" Holmes ne è il proprietario,
l’animatore e infine il custode di una memoria, come lo erano stati prima
di lui e in luoghi simili personaggi quali Junior Kimbrough. Quella che
ha forgiato Jimmy è la cosiddetta scuola di Bentonia, lì dove Skip James
e prima di lui il fantasma di Henry Stuckey hanno creato uno stile del
tutto isolato e peculiare nell’affrontare il blues del Delta. Toni e accordature
spesso in minore, ritmi iponitici e misteriosi, un canto che si fa in
successione quasi rarefatto e crudo.
Holmes, settantadue anni compiuti a luglio, figlio di agricoltori che
avviarono il famoso locale nel 1948, è l’epicentro di questo microcosmo,
sacca di un’America rurale, povera e durissima, che ha la sua colonna
sonora, i suoi cicli di vita, una cadenza che prima di essere musica è
vita stessa: infatti, dagli anni Settanta Jimmy Duck Holmes è anche animatore
del 'Bentonia Blues Festival', appuntamento annuale il terzo sabato di
giugno, con lo scopo specifico di diffondere il verbo agli adepti. Una
decina di dischi in carriera, avviata in maniera più continua e professionale
soltanto a partire dal 2006, Holmes ha oggi la grande occasione di lasciare
la sua impronta e di arrivare presso un pubblico più ampio. Lo meriterebbe.
Ne approfittiamo anche noi e consacriamo il suo Cypress Grove
(gran titolo, canzone del mentore Skip James e pure omonimo splendido
romanzo di James Sallis, cercatelo se vi riesce) tra i dischi blues più
spiritati ascoltati di recente. Merito della regia musicale e del dispendio
di idee e collaboratori (Eric Deaton al basso, Sam Bacco ai tamburi, e
gli ospiti Marcus King alla slide e Leon Michel al sax) profusi da Dan
Auerbach (Black Keys), la cui buona fede in fatto di riconoscenza
verso le radici di questa musica è fuori discussione, dai ripetuti omaggi
al citato Kimbrough fino alla più recente scoperta di Robert
Finley.
La sua produzione, nei personali Easy Sound Studio di Nashville, è la
chiave di volta per innalzare il canto ancestrale di Cypress Grove,
undici gorgoglii che avanzanzo strisciando fra classici rivisitati (c’è
anche una Little Red Rooster di Willie Dixon al rallentatore per
sax e percussioni) e qualche originale (magmatico il finale con Two
Women) e che ripercorrono un secolo di Bentonia blues style aggiungendo
di volta in volta un dettaglio. Cypress Grove è difatti un album
che opera per aggiunte e sottrazioni, annunciando la venuta di Holmes
con l’ossuta introduzione acustica della nota Hard
Times di Skip James e ritrovandosi nel giro di un paio di brani
fra il percussivo e magnetico incedere della title track, imbevuto di
groove fino al collo con una Catfish Blues
che gronda grasso ed elettricità latente, squarciata dalla chitarra acida
di Auerbach nel finale, e nella serpeggiante, ossessiva Goin’ Away Baby,
ancora marchiata da un minimalista intrico di riff chitarristici.
In Rock Me e All Night Long,
tra i vertici del disco, appare la slide del giovane talento Marcus
King, che si accoda perfettamente al morboso borbottio di Holmes.
Train Train è pura implosione blues, mentre Devil Got My Woman
si inaridisce ancora in forma acustica ed è un ectoplasma più che una
canzone. Ma è l’intero Cypress Grove che sembra emergere come uno spirito
da un altro mondo, da quella terra scura e fertile che ha nutrito il rock’n’roll
fin dai primordi. Salviamola prima che sia troppo tardi: lo stato del
Mississippi ha dedicato
un francobollo a Jimmy "Duck" Holmes, a noi tocca soltanto ascoltare
questo disco.