Questa è davvero la sorpresa
che non ti aspetti: sette musicisti di Toronto e un disco che trasuda
passione southern soul come se arrivasse dal più afoso degli stati del
sud, un mix di Muscle Shoals, Memphis e New Orleans rivisto e corretto
dal sound più aggressivo e moderno di gruppi come la Tedeschi Trucks Band.
Il paragone non credo sia scomodato a caso, perché i punti di contatto
sono alla luce del sole e non rappresentano affatto uno svantaggio per
i Bywater Call. È soltanto un sentire comune, arrangiamenti corposi
che ripercorrono i sentieri del southern rock e del vecchio r&b di casa
Stax, ballate inzuppate di gospel, accoglienti chitarre slide e sezione
fiati, ma soprattutto
una voce, quella di Meghan Parnell, che fa la differenza in ogni brano.
Sono dieci quelli che compongono il loro esordio omonimo pubblicato sul
finire dell’autunno, tutti originali e in grado di reggersi sulle proprie
gambe: non semplicemente una buona imitazione, dunque, ma una band capace
di esprimersi con una sua forte personalità, seppure nel solco di un genere.
Questo è il migliore complimento che si possa fare, lasciandosi trascinare
dal funkeggiare elettrico dell’iniziale, sussultante Arizona
e dal r&b ruvido e con la giusta dose di “sporcizia” di Forgive.
Le caratteristica dei Bywater Call sono già tutte presenti: la citata
slide di Dave Barnes, che certo ha studiato alla scuola sudista dei fratelli
Allman, anche se non eccede mai in solismi, preferendo ricamare intorno
al beat della canzone; i fiati di Julian Nalli (sax tenore e baritono)
e Stephen Dyte (tromba); le tastiere di Alan Zemaitis; naturalmente ultima
ma non ultima la citata Meghan Parnell, che è l’anima della formazione,
voce soulful e che si "spezza", roca al punto giusto, irruente
quando serve, romantica di rigore nelle ballate.
Il disco arriva dopo una seria gavetta dal vivo, la migliore scuola da
sempre, suonando nei festival nazionali e con una nomination ai Maple
Blues Awards come Best New Artist: la differenza si sente, le canzoni
sono rodate e il sound rispecchia il calore di un'esibizione dal vivo,
con le backing vocals femminili che infiammano Talking
Backwards, mentre l’introduzione alla languida
Bring Me Down apre ai sette minuti più intensi dell’album,
ballata che esprime tutte le dinamiche di Meghan Parnell e le qualità
dei Bywater Call nel dare forma alla loro idea di musica. Non ci sono
episodi sottotono, solamente qualche nota di mestiere, ma il suono arrochito,
emozionale, sopperisce a tutto: ancora soul con il cuore in mano in Nightmare
e Hometown, pulsazioni funky in Over and Over, interpretazioni
da manuale della Parnell in Silver Lining e nell’aspra e rabbiosa
Walk on By, con chitarre affilate
e un tratto blues rock che monta di intensità. Chiusura più acustica e
“stilosa” son Swing Low, che si gonfia di suoni strada facendo,
a riprova del talento dei Bywater Call e dalle notevole produzione.
Se la grinta di Susan Tedeschi, con e senza il compagno Derek Trucks,
se la recente affermazione di Samantha Fish, o se la brava e misconosciuta
Bonnie Bishop hanno aperto una breccia nel vostro cuore, allora mettetevi
sulle tracce di questi ragazzi canadesi. In tour in Europa in queste settimane
(Francia, Germania, Olanda e oltre), per favore qualcuno distribuisca
questo disco anche da noi e soprattutto si segni il nome della band per
la prossima venuta.