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Under: rootsy love songs
di Pie Cantoni (20/02/2019)
Presentare i due personaggi,
Colin Linden e Luther Dickinson, è abbastanza superfluo.
Il primo è un noto produttore e musicista che ha collaborato con gente
del calibro di Bruce Cockburn, Bob Dylan, Greg Allman, Emmylou Harris,
T-Bone Burnett, Robert Plant e Alison Krauss, per citarne soltanto alcuni.
Il secondo invece è uno strepitoso turnista e la persona che più di tutti
ha contribuito al revival del “blues delle colline” con i North Mississippi
Allstars e alterna l’attività della band col fratello Cody alla carriera
solista. Diversi cantanti accompagnano i due in questo progetto, Rachael
Davis, Ruby Amanfu, Sam Palladio e Billy Swan e la backing band dei Tennessee
Valentines.
Amour è una raccolta di love songs che appartengono al songbook
(una volta si diceva canzoniere) del country, blues e folk americano post
bellico, soprattutto degli anni ‘50. È una chiara operazione nostalgia
(canaglia) prodotta da Linden in occasione della ricorrenza di San Valentino,
con l’intento di essere una colonna sonora per romantici di tutto il mondo
(non parole nostre, fortunatamente, ma nelle note del disco). Dati i due
pezzi da novanta, l’aspettativa è molto alta e l’inizio con lo slide cooderiano
di Careless Love ci fa sentire subito
a casa. Questo è il lavoro che Luther riesce a fare meglio: insinuarsi
con la sua chitarra nei meandri della musica americana rimanendo fedele
alle origini e reinterpretando con la grande classe di musicista che lo
contraddistingue. Da qui in poi purtroppo il disco prende una posizione
integralista su brani d’amore di origine 50s, a metà strada tra la colonna
sonora di Dreamboat and Petticoats e un disco degli Everly Brothers.
Sinceramente stanca già al primo ascolto trattandosi, per quanto ben riproposte,
ben suonate e altrattento ben prodotte, di canzoni che non ci hanno mai
veramente appassionato, in quanto la vera forza dirompente della canzone
americana è sorta spesso proprio in contrapposizione ad alcuni di questi
brani che, diciamocelo fuori dai denti, spesso non erano molto diversi
dalle languide "cabzonette" d’amore che circolavano da noi nello
stesso periodo, dalle quali ci teniamo alla larga come da un parente influenzato.
E allora, da Lover Please, con Billy Swan alla voce, al classico
honky-tonk Don’t Let Go con Rachael Davis e Ruby Amanfu, o ancora
il lentone da ballare stretti alla festa di liceo Honest
I Do fino al più stereotipato I Forgot To Remember To Forget,
il disco fila via deludendoci un poco ad ogni canzone, facendo svanire
la beatitudine del brano di apertura in un attimo.
Ovviamente c’è chi potrà restare colpito dall’operazione amarcord del
duo Linden – Dickinson: mentre Linden ha anche nei precedenti lavori mostrato
il suo lato melodico, noi ci mettiamo dalla parte di Luther, quello che
aveva ripreso il blues sporco di RL Burnside e ci faceva ballare a ritmi
di boogie sudaticci, quello che splendeva coi Black Crowes per la sua
bravura e quello che ci incantava con l’acustica in ballate eteree e mozzafiato,
ma che da un po’ di tempo non sembra azzeccarne molte. Forza Luther, siamo
con te…