The Weather Station
The Weather Station
[Paradise of Bachelors/ Goodfellas
2017]

theweatherstation.net

File Under: blues from the Laurel Canyon

di Fabio Cerbone (01/11/2017)

Sulla copertina del precedente lavoro Loyalty, l'esordio per la Paradise of Bachelors e il terzo disco in carriera, Tamara Lindeman appariva di spalle, in nero e un po' misteriosa. Oggi i colori restano il bianco e nero, dietro è proiettata la sua ombra, ma la figura è svelata, di fronte all'obiettivo, il volto visibile. Il cambio di prospettiva è simbolico e riassume il contentuo musicale dell'ominimo The Weather Station, bizzarro pseudonimo dietro il quale si cela questa cantautrice di Toronto: una raccolta più diretta, nei testi, nell'archiettura sonora, negli arrangiamenti, che si fanno elettrici, ambiziosi anche con l'utilizzo di un quartetto d'archi. La base di partenza di Tamara Lindeman è il linguaggio del folk, tra un cantato un po' estatico e sinuoso che non può non ricordare la musa Joni Mitchell, e un vago sapore tradizionale nella scrittura, segno di un legame con le radici appalchiane e certo folklore americano.

Ciò valeva soprattutto per gli esordi (il primo vagito discografico nel 2009), circoscritti alla scena locale canadese, ma nel tempo e grazie alle costanti collaborazioni (Daniel Romano, Doug Paisley, i tour al fianco della collega Basia Bulat), le composizioni si sono fatte più complesse, il sound assai ricco, pur conservando una matrice folk rock di morbida sostanza settantesca. Il brano manifesto è Thirty, scelto come primo singolo (e relativo video), ma la stessa dichiarazione d'indipendenza di Free in apertura rende l'idea: Tamara sceglie descrizioni vivide, parole precise che scavano in profondità, sentimenti e ambientazioni che non nascondono mai il tumulto, anche la confusione dentro la sua persona. La musica sembra combattere con queste narrazioni, cercando una condizione di estasi, sottolineata dagli aprpeggi della sua chitarra, dalla dolcezza delle linee degli archi e più in generale da una malinconia agrodolce delle melodie che passano dall'eleganza di You and I (on the Other Side of the World) alle vibrazioni più nervose di Kept It All to Myself.

La forza elettrica e pulsante di Complict è basata sul trio formato con il basso di Ben Whiteley e la batteria di Don Kerr, di volta in volta ampliato da una dozzina di collaboratori che aggiungono piccoli dettagli, un flauto in Black Flies, un piano elettrico in Impossible, leggeri tocchi percussivi e quella presenza quasi costante eppure mai fuori contesto degli archi (due violini, violoncello e viola), toccando l'eleganza di I Don't Know What to Say, direttamente da una bolla temporale con il Laurel Canyon di Joni Mitchell, e la solitudine del finale pianistico con The Most Dangerous Thing About You.

L'equilibrio fra acustico ed elettrico, tra vuoti e pieni è ciò che trasforma The Weather Station in un disco intrigante: ha una voce Tamara Lindeman, un'espressività che potrebbe accostarla a una sorta di versione femminile dei colleghi Steve Gunn e Ryley Walker. Guarda caso la presenza di alcuni musicisti in comune, come il pianista Ben Boye, conferma queste impressioni (e un brano un po' scuro e curvilineo quale Power piacerebbe davvero al citato Walker), anche se The Weather Station vive in un suo originale universo, che ha sufficiente carattere per imporsi fra le voci più interessanti del nuovo folk nord-americano.


    


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