File Under:soul
of a woman di
Fabio Cerbone (01/03/2017)
Sono
più le cose che ci uniscono rispetto a quelle che ci dividono. Con questo semplice
e coraggioso messaggio lanciato all'America e agli americani, proprio in un periodo
in cui le distanze, i muri, le differenze sembrano essere irrimediabilmente marcate,
Rhiannon Giddens dà forma al suo secondo episodio solista. Un album che
scava nella sua condizione di donna afro-americana, originaria del North Carolina,
di un Sud pieno di fantasmi, colpe e contraddizioni, traendo ispirazione da brani
originali e poche selezionate cover che affondano nelle storie dello schiavismo
dell'800, nella orgogliosa lotta per i diritti civili del secolo successivo, fino
ad affrontare le ombre degli scontri più recenti di Ferguson, Baltimora e di altre
comunità attraversate da una questione irrisolta.
Si intuisce dunque lo
scarto netto rispetto all'esordio solista dell'ex Carolina Chocolate Drops, formazione
che aveva tenuto a battesimo la figura di Rhiannon, voce e banjo che ripercorrevano
stentorei i sentieri del folk di protesta, del blues ancestrale, del soul più
sensibile. Tomorrow
is My Turn fu il tentativo, riuscito, di trovare una sua dimensione
di grande interprete, di sfruttare anche il plauso raccolto dopo le partecipazioni
ai progetti New Basement Tapes e all'operazione/concerto seguita ad Inside
Llewyn Davis dei fratelli Coen: una diva del moderno linguaggio Americana
prodotta da T Bone Burnett che faceva dell'eclettismo un po' sofisticato la sua
principale arma di seduzione. Nacque così un disco in gran parte di cover che
pescava dai repertori di Nina Simone e Dolly Parton, da Sister Rosetta Tharpe
ai traditional del folklore. Freedom Highway è un'altra storia e
anche un'altra regia. Inciso in otto giorni a Breaux Bridge in Louisiana, fra
vecchie mura ed echi di storia rurale, con la visuale più contenuta di Dirk
Powell, un musicista di estrazione country bluegrass, è un lavoro che cerca
innanzi tutto un'espressività e un senso comunitario, lasciando a nudo l'anima
della Giddens ed esaltando il suo canto dentro un manto sonoro più asciutto e
tradizionalista.
Lo si avverte forte e chiaro nella densità da gotico
sudista di At the Purchaser's Option, nel
banjo che detta il passo pastorale del brano in contrasto con la vocalità dalle
inflessioni classiche della stessa Giddens, prima di sciogliersi definitivamente
nelle docili braccia di The Angels Laid Him Away, piedmont blues già appartenuto
al repertorio di Mississippi John Hurt. Si tratta, come anticipato, di uno dei
tre brani non originali di Freedom Highway, insieme alla storica title track,
inno dei Civil Rights intonato dagli Staples Singers e qui rivisto con l'apporto
del songwriter Bhi Bhiman, e alla meno nota Birmingham
Sunday del dimenticato Richard Farina, figura cardine del movimento
folk di metà anni Sessanta. Segnali inequivocabili della visione politica che
guida Rhiannon Giddens in questo lavoro, un atto di artista e di donna, oggi giunta
alla maturità dei suoi quarant'anni, che segue un filo conduttore con il materiale
da lei stessa firmato: lo scuro accento hillbilly di Julie,
storia di schiavitù e oppressione per banjo e violino degna di una Gillian Welch,
reso appena più elettrico e ritmico con la preghiera di Come Love Come;
il pulsante soul sudista di Better Get It Right the First
Time, attraversato da un moderno talkin' rappato; la dolcezza folk
di We Could Fly, che acquista brillantezze melodiche vicine alla migliore
Natalie Merchant.
Il viaggio in Lousiana poi non poteva non lasciare segni
tangibili sulla pelle del disco, che arricchito da musicisti locali, da una sezione
fiati e dagli stessi musicisti che hanno seguito Rhiannon in un lungo tour a seguito
del precedente Tomorrow is My Turn, affonda nei bayou e nella cultura cajun con
Hey Bébé e si fa più ricercato e swingante
in The Love We Almost Had. Non possiamo permetterci di lasciare indietro
nessuno, ripete Rhiannon nella sua idea multiforme di America, cresciuta e arricchita
da culture e idiomi diversi e lontani. Freedom Highway ne è la colonna
sonora e un po' anche il testo storico, come a dimostrare la via su cui la nazione
deve e dovrà ancora camminare.