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magic americana di
Fabio Cerbone (01/09/2016)
Ne
hanno fatta di strada gli Stray Birds, a dispetto di quel nome, che suggerirebbe
la mancanza di una meta precisa, lassù dispersi nel grande cielo dell'Americana.
Il piccolo trio della Pennsylvania, contea di Lancaster, ha proceduto per tappe
intermedie ma con speditezza, muovendosi dall'integerrimo canone folk degli esordi
per abbracciare adesso un suono vivace ed elettrico, aperto a più soluzioni strumentali,
dove country rock, pop, armonie folk e musica delle radici si incontrano in un
equilibrio invidiabile e con chiare ambizioni. Nulla che faccia gridare alla salvezza
del genere, sempre molto codificato, eppure l'energia e le melodie brillanti contenute
in Magic Fire, secondo lavoro in casa Yep Roc, sono un punto di
arrivo per Maya de Vitry, Oliver Craven e Charlie Muench, i tre "collegiali" che,
partiti dal classico gesto dei busker, suonando agli angoli delle vie di Lancaster,
sono approdati alla maturità di un disco per la prima volta prodotto da un collaboratore
esterno.
È infatti la figura di Larry Campbell (apprezzato musicista
per anni alla corte di Levon Helm e Bob Dylan, nonché titolare di un fortunato
duo con Teresa Williams) ad avere impresso una nuova direzione alla band, oggi
allargata in pianta stabile grazie all'ingresso della batteria di Shane Leonard,
altra vecchia conoscenza dei tempi in Pennsylvania. Se gli esordi in coppia (il
nucleo formato da de Vitry e Craven) e l'omonimo Stray
Birds li potevano far accostare al moderno sentire neo-folk, con ascendenze
bluegrass, dei vari Old Crow Medicine Show, Avett Brothers, Milk Carton Kids e
affini, oggi l'esuberanza strumentale di Shining in the
Distance (con la voce della de Vitry che in più di un'occasione abborda
le maniere di Gillian Welch, valga per tutte il crescendo della ballata Fossil)
e Third Day in a Row annuncia un cambio di rotta, lo stesso che in realtà
si affacciava nel precedente Best Medicine, passaggio discografico da noi colpevolmente
non rilevato. Piacerà meno ai puristi del suono acustico e della fedeltà assoluta
all'old time, ma con Magic Fire The Stray Birds danno un colpo di spugna al passato
e guadagnano un posto tra le prime file dell'attuale movimento Americana.
L'album
è anche l'occasione per una più stretta vicinanza nel songwriting, con tutti e
tre i membri concentrati nel firmare il repertorio, il quale oscilla fra racconti
di vita americana e qualche concessione al sociale, da cui scaturiscono episodi
come All The News e prese di coscienza dal carettere politico, in particolare
con Sunday Morning. Musicalmente i forti elementi
roots alla base della loro formula, con una presenza massiccia di fiddle, mandolini
e banjo, non sono affatto posti in secondo piano, come testimoniano lo scuro folk
appalachiano di Hands of Man o il lento passo country rock di Somehow,
semmai amalgamati in un sound accattivante e senza cadute di tono, squisitamente
melodico, che in brani quali Sabrina o nella
chiusura di When I Die centra l'obiettivo
di mediare fra antico e moderno: la formula migliore per calarsi nel grande fiume
dell'american music.