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southern rock blues di
Fabio Cerbone (16/05/2016)
Il
cambio di etichetta - dalla Telarc, per cui hanno pubblicato gli ultimi tre lavori,
alla prestigiosa Alligator - ha aggiunto carburante al motore di Moreland &
Arbuckle, che si presentano con un disco potente, elettrico, molto sbilanciato
verso il lato rock della loro scrittura. Nato come duo di stretta osservanza "hill
country blues, per intenderci modellato sullo stile di North Mississippi Allstars
e dei loro maestri, da RL Burnside a tutto il movimento riscoperto grazie alla
Fat Possum, Aaron Moreland, chitarre assortite, e Dustin Arbuckle, armonica e
voce, originari del Kansas, hanno via via allargato le maglie della loro musica.
Soprattutto a partire da 7
Cities, disco del 2013 che vedeva in cabina di regia Matt Bayles, un
produttore dai trascorsi heavy (con Mastodon e The Sword). Non soprende ritrovarlo
oggi dietro il mixer di Promised Land or Bust, un album che in un
certo senso recupera alcune caratteristiche blues più ortodosse della band, ma
ci mostra anche come il sound si sia nel frattempo affrancato dal passato.
Il
gruppo stesso è cambiato, un trio assestato con la batteria in pianta stabile
di Kendall Newby, ma soprattutto con i contributi essenziali di Scott Williams
alle tastiere e organo e Mark Foley al basso. Un bene o un male per chi li aveva
apprezzati agli esordi? Propendo nettamente per la prima ipotesi, perché la musica
di Promised Land or Bust conserva un feeling istintivo, è sporca e vitale, a cominciare
dalla doppietta di apertura: Take Me With You (When You
Go) ha l'anima del migliore heartland rock americano e Mean
and Evil mantiene quanto promette il titolo, un blues rock infuocato
dove slide e armonica si lanciano a rotta di collo. In generale tutta la prima
parte dell'album è convincente, rispettosa delle radici, ma moderna a sufficienza
da non sembrare la solita riproposizione dei cliché di un genere molto codificato:
anche i testi, con risvolti psicologici scuri, qualche volta ironici, riflettono
un'immagine più contemporanea, come ci confermano l'impetuosa Hannah,
un fangoso delta blues che sfiora l'hard rock, e la gemella When
the Lights Are Burning Low, secca e incalzante come il migliore Johnny
Winter d'annata.
Le chitarre di Moreland sono sempre in prima linea, ma
anche il canto soul di Arbuckle non è da sottovalutare per la riuscita del disco.
Un lavoro che si "placa" soltanto con la ballata dagli aromi sudisti Mount
Comfort e l'acustica Waco Avenue, ma torna di prepotenza al
boogie con Woman Down in Arkansas (brano dello sconosciuto armonicista
locale Lee McBee, omaggiato dalla band) e la solida cover del classico di Slim
Harpo, I'm a King Bee, qui decisamente sbilanciata verso toni rock'n'roll.
Ecco, se un piccolo difetto va riscontrato all'ottimo Promised Land and Bust,
è di "sedersi" un poco nel finale, quasi il gruppo non volesse perdere
il suo rapporto con il blues più arcigno (Long Way Home) e la tradizione
che li ha forgiati, qui rappresentata dallo swing di Why's She have To Go (And
Let Me Down)?, forse il brano meno interessante della raccolta. Torridi, compatti,
fedeli alla linea, Moreland & Arbuckle "conservano" senza sembrare
antiquati.