The Chris Robinson Brotherhood
Anyway You Love, We Know How You Feel
[Silver Arrow 2016
]

www.chrisrobinsonbrotherhood.com

File Under: funky jam music

di Fabio Cerbone (26/08/2016)

Avvistati sul finire dello scorso inverno, nella data milanese del loro tour europeo, Chris Robinson e la sua "Fratellanza" avevano dato prova di una naturale propensione alla jam strumentale, al gesto rock libero e settantesco, volutamente fuori tempo e fuori moda nei suoni e negli atteggiamenti. Un percorso che fin dall'esordio, Big Moon Ritual, sembrava volersi svincolare dalla matrice più sudista e impetuosa del suono Black Crowes, per abbracciare una forma di musica neo-hippie che evocasse le fragranze della California di una lontana stagione. Con un cambio improvviso dell'intera sezione ritmica, tra cui l'ingresso del nuovo batterista Tony Leone (già con Ollabelle e Levon Helm) e una serie di sedute di registrazione tenutesi nella natura selvaggia a ridosso del Pacifico californiano, Anyway You Love, We Know How You Feel è un disco che anche nelle quattro mura dello studio ribadisce la direzione impressa da Chris Robinson insieme all'anima gemella Neal Casal.

Brani spesso dalla durata superiore alla media, come è lecito aspettarsi, già pronti per un'ulteriore espansione dal vivo e una miscela di morbida psichedelia, accese ritmiche funk, chitarre combattute fra pulsioni sudiste e vagheggiamenti "deadiani", nonché fughe progressive nell'uso del synth da parte di Adam MacDougall, elemento quest'ultimo che anche sul palco aveva ribadito il suo ruolo centrale. L'esito staziona a metà fra i primi passi della band e la svolta più "cosmica" del precedente Phosphorescent Harvest, album in verità ambizioso e pasticciato. In un'improbabile commistione fra i Grateful Dead più onirici e il funky pulsante di Stevie Wonder, con qualche parentesi agreste debitrice della Band, questi otto episodi gigioneggiano fra spunti musicali solo abbozzati, bisognosi dell'esibizione live per maturare, e qualche discreta melodia che finisce in un vicolo cieco. Non si capirebbero altrimenti le presenze di inutili strumentali come Give Us Back Our Eleven Days, tra scatti psichedelici e progressive rock, oppure svaghi funky e giravolte chitarristiche, in adorazione di mastro Jerry Garcia, in Narcissus Soaking Wet e Forever As the Moon.

I punti di forza restano la totale libertà espressiva, l'estro da jam band proiettata quasi per uno scherzo del tempo nel 2016, ma la debolezza continua ad essere rappresentata da canzoni un po' inconsistenti, dando l'impressione di non avere una direzione precisa. Ondivaga per vocazione, la Chris Robinson Brotherhood ci invita ad un "relax your mind" in Oak Apple Day, una delle più deadiane della raccolta, avvalorando l'aspetto da vecchi hippie con barbe ingrigite sulla copertina (quanto meno Chris e Neal, i più segnati dalle lunghe tribolazioni del music business), ma trova davvero un paio di melodie apprezzabili soltanto quando predilige i toni da ballata country agrodolce e pastorale. Per esempio in Some Gardens Green, figlia del modello Appaloosa, brano dei Crowes riproposto in passato anche dalla CRB, e in California Hymn, finale quest'ultimo sulle tracce di Gram Parsons e The Band, o ancora quando accenna un timido furore sudista nel boogie di Leave My Guitar Alone, cori in odore doo wop e un bel lavoro alla solista di Neal Casal, sempre più misurato e maturo. Non abbastanza però per tenere insieme un sound sfilacciato, a cui servirebbe un briciolo di mordente in più.


   


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