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classici rivisitati di
Fabio Cerbone (24/03/2015)
Tornare sul luogo del delitto dopo più di quarant'anni? A prima vista non pare
un'idea brillante, almeno di non avere dei conti in sospeso. Nel rock'n'roll di
questi anni, così proiettato nella sua memoria e occupato a celebrare se stesso,
è tuttavia un passo che non sorprende più del dovuto.La nostalgia gioca
brutti scherzi e così Elliott Murphy decide di rivisitare il suo
esordio discografico, Aquashow, che nel 1973 gli valse quella scomoda etichetta
di nuovo discepolo dylaniano, incastrando per un attimo la sua carriera in un
ghetto che certo non meritava. Folksinger, rocker urbano e scrittore (oggi lo
è diventato quasi a tempo pieno), dalle strade della Roma di Fellini alla New
York di Lou Reed, luoghi che aveva vissuto e visitato intensamente, Murphy metteva
insieme la sollevazione della Beat Generation con il ritmo di Highway 61, le chitarre
dei Velvet Underground con le pagine di F.Scott Fitzgerald, inaugurando una serie
di dischi (i vertici saranno Night Lights e anni più tardi Murph the
Surf) dallo sfondo lettererario, colto e personale, dove il rock d'autore
poteva reclamare un posto al sole.
Invece di adottare le più classiche
strategie del caso - un tour commemorativo che riproducesse canzone per canzone
quel passaggio, oppure un trionfale disco dal vivo - la sua attenzione si è spostata
in studio di registrazione, al fianco del giovane figlio Gaspard e dell'ormai
storico collaboratore Olivier Durand, nella Parigi che lo ha adottato da qualche
anno. Aquashow Deconstructed, pubblicato in queste settimane dalla
Route 61 in esclusiva per il mercato italiano, è dunque una vera e propria rivisitazione
del disco originale, nelle intenzioni di Muprhy corretto secondo una diversa sensibilità,
più "europea", se vogliamo attribuirgli una connotazione sonora. Il
punto è proprio intendersi su quella parola, deconstructed, che evidentemente
può assumere siginificati assai distanti da ascoltatore ad ascoltatore. L'impressione
infatti è che qui ci sia ben poco di "decostruito", né tanto meno ci si azzarda
a fare a pezzi la qualità originale dei brani: sarebbe un sacrilegio. È semmai
un'operazione di raffinato arrangiamento, che toglie la grezza veste folk rock
di un tempo e dona a brani come Last of the Rock Stars
(uno dei capisaldi del songwbook di Murphy, costante presenza dei suoi show) o
How's the Family una patina più malinconica,
notturna e dilatata.
A tratti l'effetto è persino struggente, e un plauso
va soprattutto alla voce di Elliott, mai così profonda e commossa, ma non aggiunge
davvero qualcosa di inedito o sconvolgente agli originali. Perché dunque riscrivere
queste canzoni se poi l'esito non è quello, appunto, di "decostruirle" o stravolgerle,
ma soltanto di togliere un po' di polvere? È questa la sensazione palpabile, anche
negli episodi più strutturati e mossi, come Hangin' Out, Graveyard Scrapbook
o White Middle Class Blues, mentre l'orizzonte
di Hometown, Marylin o della chiusura
con Don't go Away si fa carezzevole, con un
ruolo importante sia delle chitarre acustiche, sia di piano elettrico e tastiere.
Nel suo completo bianco che richiama lo scatto in copertina del 1973, con una
chioma bionda che nel frattempo si è ingrigita, Elliott Murphy rivive giustamente
il suo sogno: un gesto premuroso nei confronti di queste canzoni, certo, anche
se il vero tributo sarebbe stato ristampare l'originale Aquashow, magari allegando
un'esecuzione dal vivo con la band attuale.