File Under:
sacred folk rock di
Fabio Cerbone (12/05/2015)
L'affascinante parabola artistica di Bill Fay, a lieto fine ben inteso,
è forse seconda soltanto a quella Rodriguez, altro talento incompreso ed espulso
dalla grande storia della musica popolare agli albori degli anni settanta. Il
parallelo si limita chiaramente ad alcune dinamiche legate al music business,
autori ignorati, finiti nel dimenticatoio, non certo ad aspetti stilistici. Fatto
sta che la vicenda di Fay segue un silenzio discografico lungo quasi quarant'anni
e un'improvvisa rinascita, che nel suo caso è dovuta alle fortuite coincidenze
tra un vecchio veretano californiano, James Henry, che ricorda la bellezza dei
suoi primi due album, dimenticati nella polvere del folk rock dei seventies, e
la trasmette al figlio Joshua, giovane produttore che si rimette sulle tracce
del musicista caduto nell'oblio. Arrivano quindi gli attestati di stima di Jeff
Tweedy e Jim O'Rourke e la vera e propria venerazione dei suddetti dischi (con
una predilezione, se proprio dobbiamo dire, per il dylaniano Time of the Last
Persecution del 1971) e delle canzoni di Bill Fay, la religiosità quasi mistica
e la malinconia innata delle sue ballate.
Life
is People è l'opera della rinascita, decantata da più parti e finita
dritta tra le uscite più significative del 2012, anche grazie al supporto del
citato Tweedy. Quasi in sordina, certo con meno enfasi mediatica, spunta oggi
questo lieve Who Is the Sender?, che non solo conferma Joshua Henry
in cabina di regia e la squadra dei collaboratori del passato, ma prosegue nel
percorso da "asceta" di Bill Fay, cantore di un folk dai sapori quasi sacri, tra
melodie pop fragili e sontuose al tempo stesso. Registrato nell'arco di trecidi
giorni nei londinesi Konk Studios di proprietà di Ray Davies, l'album non si concede
a guest star di prima grandezza (giusto il cameo di J. Spaceman degli Spiritualized),
semmai si concentra su una sequenza di dolenti e carezzevoli ballate che riflettono
l'anima ferita dell'uomo Fay. Il messaggero del titolo potrebbe essere direttamente
Dio o la divinità nascosta nel mondo, in ascolto delle suppliche del cantautore,
quel suo rimuginare sui mali e le storture dell'umanità.
Per farlo Bill
Fay e il produttore Henry scelgono orchestrazioni leggere e una dolce, strisciante
mestizia che ha inizio con The Geese Are Flying Westward e arriva fino
allo sfarzo di World Of Life. Nel mezzo canzoni
che spingono davanti a tutto la voce sussurrata (e piena di limiti, ma a suo modo
perfetta per queste atmosfere) di Fay, il suo pianoforte e buona parte di quello
che rimane (sempre molto parco) sullo sfondo. L'effetto è tenero nella sua ingenua
bellezza, ma alla lunga anche parecchio sfiancante: ci sono momenti di improvvisa
illuminazione, aperture folk rock nel finale di Order
Of The Day, o ancora una corale, dolcissima I Hear You Calling (Studio
Reunion) che potrebbe uscire dalla West Coast di quarant'anni fa, ma anche
cantilene (Underneath The Sun, Something Else Ahead, la stessa Who
is The Sender, A Frail And Broken One) che tendono ad accartocciarsi
su loro stesse. L'insieme culla l'ascolto, a tratti scivolando delicatamente in
un'adorabile monotonia: Who Is the Sender?, come l'autore stesso, non è disco
per questi tempi veloci e insensibili, pare chiaro, ma va anche ammesso che qualche
momento di stanchezza affiora di tanto in tanto.