File Under:
pub rock amarcord di
Fabio Cerbone (24/03/2014)
Il fatto stesso che Wilko Johnson e Roger Daltrey abbiano deciso
di recuperare istantanee del loro passato glorioso per il collage di copertina
di Going Back Home, dovrebbe in qualche modo lanciare un segnale
inequivocabile sulla natura stessa di questo disco, che si azzarda persino a resuscitare
la sigla Chess come marchio discografico. È un progetto che nasce chiaramente
con gli intenti di un ultimo, appassionato amarcord, evocando la Londra del "maximum
r&b" in cui si è forgiato il British blues e l'invasione dei primi Who e naturalmente
da cui hanno attinto i Dr. Feelgood, la band storica di Johnson, per alimentare
il fuoco del pub rock che avrebbe preso la fiaccola nei seventies. E' soprattutto,
molti di voi che leggete forse ne sarete già al corrente, l'occasione di un commiato
artistico per lo stesso Wilko Johnson, che negli ultimi mesi ha vissuto un rilancio
entusiastico, proprio dettato dalla tragica notizia di un tumore pancreatico che
non gli avrebbe lasciato alcuno scampo. Inceve di sottostare alle pesanti cure,
ha scelto la via più naturale: godersi gli ultimi scampoli salutando i fan con
una sorta di farewell tour, sulle ali di un'energia inedita che forse, ci piace
pensare, deriva esattamente dalla consapevolezza di non dover perdere più nulla.
Ecco allora spuntare Going Back Home, disco pensato a tavolino con Daltrey
e portato a termine con urgenza assoluta in un piccolo studio dell'east Sussex,
insieme alla backing band di Johnson (Norman Watt-Roy al basso e il batterista
Dylan Howe) e alle tastiere di Mick Talbot (Style Council). Un lavoro di memoria
e di omaggi alla propria gioventù, un fresco ripasso delle sonorità che hanno
reso insostituibile l'apporto di Johnson come chitarrista e autore: undici episodi
che pescano dai Dr Feelgood e dai dischi solisti del nostro, aggiungendovi la
dylaniana Can You Please Crawl Out Your Window,
qui trasfigurata in una pulsante ballad elettrica. L'esito è un album di godereccio
blues rock bianco, con iniezioni di torrido r&b e un florilegio di armoniche e
chitarre ritmiche nervose, tipiche dello stile di Johnson, figura che balzava
a scatti, come indemoniata, sul palco, puntando la sua Telecaster sul pubblico
a modo di mitragliatrice.
Lee Brilleaux non è più al suo fianco da tempo
ormai, un ricordo amaro che ha lasciato questo mondo tempo fa, ma certo Roger
Daltrey non è un ripiego e la sua voce tonante e rissosa tiene ancora botta nelle
riedizioni di Going Back Home, Sneaking
Suspicion o All Through The City. Anzi,
si ha spesso la sensazione che l'understatement di Johnson abbia spinto fino troppo
Daltrey al centro dei riflettori: in fondo Going Back Home è lo show di Wilko
e il suo congedo. A lui andrebbero ascritte le buone vibrazioni rock'n'roll di
I Keep It To Myself e Some Kind Of Hero.
Che suonano oneste, integre e lasciano solo l'amaro in bocca per il fatto che
un personaggio così lo si debba ricordare in un passaggio simile della sua esistenza,
quando le celebrazioni avrebbero dovuto (e potuto) cominciare tanto tempo fa.
Si sa, il rock'n'roll circus non è mai stato democratico e riconoscente, ma alla
fine tutto torna: in fondo se giovinastri come The Strypes sono stati uno dei
fenomeni del british revival dello scorso anno, un po' di merito è anche delle
canzoni rivistate in Going Back Home.