File Under:willy
& the poor boys di
Davide Albini (01/07/2014)
Non
sono forse stati i primi ad accendere la miccia, parlo della rivisitazione di
certe sonorità old time, ma certamente hanno assunto un ruolo guida in poco tempo,
tanto da diventare uno dei pochi significativi fenomeni offerti della musica tradizionale
americana degli ultimi dieci anni. Tanto è passato dall'esordio omonimo degli
Old Crow Medicine Show nel 2004, che li svelò con il successo travolgente
del brano Wagon Wheel, e cinque dischi dopo il quintetto (di base, oggi
allargati in tutto a sette membri) guidato dai fondatori Critter Fuqua e Ketch
Secor ha trovato la forza di non sedersi sugli allori, anzi di rinnovarsi pur
restando dentro la loro collaudata formula acustica, di fare insomma un ulteriore
passo avanti. Remedy, diciamolo subito, è uno dei loro dischi più
brillanti e ispirati, un album che conferma la produzione lungimirante di Ted
Hutt (alla guida anche nell'ottimo capitolo precedente, Carry
Me Back) trovando nuova linfa in quell'immenso patrimonio delle radici
dell'american music che tanto hanno saputo indagare questi ragazzi.
Perso
per strada il compagno Willie Watson, di recente al debutto come solista, acquistato
però il grande apporto di Chance McCoy, con il suo fiddle che impazza per tutto
il disco, gli Old Crow Medicine Show hanno nuovamente ribadito che di tutta la
variopinta carovana del famoso "Railroad Revival Tour" (quello tenuto
insieme a Mumford & Sons ed Edward Sharpe) loro restano senza dubbio i più genuini,
i più bravi e preparati a livello strumentale e alla fine anche quelli che forse
lasceranno un segno. D'altronde non sarebbe altrimenti se gente come lo stesso
Hutt o Don Was e David Rawlings si è scomodata per produrli, come peraltro non
potrebbe accadere per caso che un signore di nome Bob Dylan condivida per la seconda
volta i crediti di una canzone con la band, nel gioioso valzer per fiddle e accordion
di Sweet Amarillo, una delle numerose luci
di questo Remedy. Raccolta che si apre proprio con i sapori "dylaniati" dell'armonica
e del ritmo blues dettato dalle chitarre in Brushy Mountain
Conjugal Trailer, passando subito il gioco nelle mani dell'indiavolato
hillbilly intitolato 8 Dogs 8 Banjos, un po'
l'effetto che farebbe certa old time music nelle mani di gente quale i Pogues,
chiaramente un'influenza non estranea agli Old Crow Medicine Show.
Scoperti
dal grande Doc Watson mentre suonavano per le strade di Boone, North Carolina,
approdati alla Grand Ole Opry e al leggendario programma A Prairie Home Companion
(si veda il film di Robert Altman), stretta un'amicizia artistica con Gillian
Welch, divenuti i beniamini del risorgimento folk e del vecchio country rurale,
questi musicisti non hanno mai ceduto di un millimetro sulla loro intergità artistica,
pur provando a sperimentare qualche cambio di rotta. Remedy è un po' la sintesi
dell'intera la strada percorsa, dal banjo impazzito di Mean Enough World alla
dolcissima abbinata di ballate Dearly DepartedFriend e Firewater,
in cui l'apparente rozzezza delle voci (quasi dovuta, negli episodi più ruspanti
del loro repertorio) dimostra invece il talento per le armonizzazioni del gruppo.
Il piatto forte degli Old Crow Medicine Show rimangono ancora quegli strappi fatti
di autentica hillbilly e jug music, quella imparata dalle orchestrine di strada,
mai riproposta come una semplice copia carbone del passato, animata invece da
un'energia travolgente, svecchiata e da testi che sanno dosare ironia e profondità:
l'incalzante dittico di Brave Boys e Tennessee
Bound, con fiddle e resonator guitar sulle barricate, la più cadenzata
e corale O Cumberland River, lo swing che cattura l'anima della nostalgica
Sweet Home, fino a concludere con le voci
e gli accenti country della docile The Warden.
Una grande dimostrazione
di vitalità artistica questo Remedy e il segnale che i capofila del genere,
al netto delle diverse imitazioni, restano ancora loro.