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mod rock, psychedelic pop di
Silvio Vinci (09/05/2012)
Recensire
un disco di Paul Weller è davvero eccitante. Negli ultimi vent'anni non
vi è stato artista capace come lui di cambiare pelle, quasi sempre in meglio,
aggiornare il proprio repertorio con gusto, intelligenza, talento e comunque proporre
il suo stile - riveduto e corretto - per il tempo che scorre. Negli anni 90 Weller
ha raggiunto quella creatività e maturità stilistica che lo avrebbe accompagnato
sino ai nostri giorni. Gli inizi del nuovo millennio lo hanno visto forse in debito
di ispirazione, con alternanza di ottimi lavori - Heliocentric, Studio 105 (disco
di cover), As is Now - e di alcuni a mio parere un poco meno brillanti come Illumination
o 22
Dreams del 2008, fino ad arrivare al precedente Wake
Up Nation, disco ancora oggi indecifrabile, in bilico tra sperimentazione
di nuove strade e stirato canovaccio.
Arriva nei primi mesi del 2012 Sonik
Kicks, ultimo lavoro di brani originali, e già dal primo ascolto mi pare capace
di incuriosirci, spiazzando l'ascoltatore abituato ai suoi giri di accordi e alle
sue melodie, per poi ricondurlo in acque quiete, potabili, più vicine al caro
suono welleriano. L'inizio è furioso con Green,
punk elettronico che è come uno schiaffo che ci da la sveglia, non piacevole per
la verità, ma utile a tenere le orecchie aperte. Continua l'adrenalitica
The Attic e comincia a delinearsi la strada già segnata con il precedente
disco, siamo ancora insoddisfatti. Klink I Klank
è mod rock del nuovo millennio. E come d'incanto arriva la ballata che ti stacca
la pelle, By the Waters: qui Paul Weller fa
quello che sa fare meglio, riportarci indietro di 40 anni ai tempi di John Barleycorn
Must Die, per ammaliarci tra viole ed archi, con la sua calda e rugosa voce, con
una ballad acustica di infinita bellezza.
Non poteva mancare l'Hit single
da classifica, That Dangerous Age, pimpante
r'n'b moderno, cose che fa da tempo, seguito da uno strano dub track, Study
In Blue, anomalo come il successivo DragonFly,
brano che vorrebbe spiegare il nuovo scenario al quale dobbiamo abituarci. Non
è facile sciropparsi tracce come When Your Gardens Overgrown, Around
the lake, proprio bruttina, Drifters e Starlite,
riempitive e nulla più. In linea con gli ultimi lavori, pare uscita da un disco
dei Blur, Paperchase solleva per un attimo
il livello paurosamente scivolato in basso, ed è assai gradevole anche Devotion,
ancora una bella ballad a conclusione di un disco strano. Sonik Kicks non soddisfa
però, sopratutto perchè adoro lo script di Paul Weller, il suo mod pensiero,
il suo amore per la black music, e per tutto il rock inglese dei Sessanta: ha
fatto la storia della new wave britannica ed è capace di scrivere canzoni stupende,
ma questo lavoro sembra incompleto. C'è un mix di confusione, voglia di sperimentare,
abbracciare sonorità che magari non sono nel suo DNA. Però il suo abito nero,
eleganza Londinese fine sessanta, vale sempre il prezzo del biglietto.