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folk rock, indie folk di
Fabio Cerbone (10/05/2012)
Aggraziato:
non c'è parola migliore per definire il folk rock cameristico e dalla rifrazioni
bucoliche dei canadesi Great Lake Swimmers, ormai giunti al quinto episodio
di un romanzo musicale costruito con appartata gentilezza. Il percorso più maturo
avviato con il precedente Lost
Channels, inframmezzato da un live acustico nel 2010, arriva a compimento
in questo New Wild Everywhere, forse il lavoro più "classico" e
costruito della loro carriera. Certamente sono distanti gli esordi all'insegna
di una desolazione folk figlia dell'estetica lo-fi e di arrangiamenti scarni,
così come il fatto che per la prima volta la band non sia andata alla ricerca
del "selvaggio" - registrando in un vero e proprio studio e non fra mura antiche
di chiese, silos, o fra isole spedute - sancisce il distacco da una certa ricerca
estetica a favore della pura e semplice composizione.
Tony Dekker continua
ad essere il deus ex machina di questo progetto singolare, in qualche modo antesignano
di un indie folk poi scoppiato in tutto il suo fragore (basti pensare al successo
di Bon Iver) eppure dal quale la band prende le distanze grazie ad un linguaggio
più tradizionale. Le ballate di New Wild Everywhere, oggi come detto più ricche,
espanse, anche elettriche e sobbalzanti in alcuni frangenti, sono l'ennesima variante
sul tema, dando magari più spazio all'impasto fra le chitarre e il violino di
Miranda Mulholland, con la steel dell'ospite Bob Egan a colorare di tanto in tanto
con schizzi country degni dei migliori Lambchop. Un nome facile da scomodare quando
si affrontano la malinconia sospesa di The Knife e
i fragili rintocchi rurali di Cornflower Blue,
nonostante l'agreste dolcezza che spandono brani quali Ballad
of a Fisherman's Wife evochi un alternative country vecchia maniera,
quando l'ala meno irruente del movimento negli anni '90 scopriva piccole misconosciute
band chiamate Lullaby for the Working Class o Scud Mountain Boys (la formazione
di Joe Pernice è la parente più stretta).
Come si è anticipato New
Wild Everywhere sfodera un carattere meno ombroso e acustico del previsto,
fornendo qualche scossone che evita la debacle per monotonia: difficile dire se
garantirà un futuro ai Great Lake Swimmers, band per definizione stilistica condannata
ad una serie di accenti sempre troppo simili fra loro. Fatto sta che la stessa
title track, folk rock arrembante nella sua semplicità, potrebbe persino indossare
la pelle di un singolo, mentre Changes with the Wind
è una cristallina ballata alt-country che apre la via per la più rockata Easy
Come Easy Go, dove il contrasto fra l'elettricità vispa del brano e
il canto morbido di Dekker e compagni regala qualche momento di estasi. Spiace
purtroppo che nel finale i Great Lake Swimmers decidano di togliere il piede dall'acceleratoire:
non spaventeranno troppo i loro vecchi estimatori, certo, ma tra il ciondolare
di Parkdale Blues e i granelli acustici di
On the Water scivoliamo un poco nell'accademia.
Il finale folk francofono di Les Champs de Progéniture
non è altro che una "esotica" variante sul tema.