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morbid romantic di
Nicola Gervasini (04/01/2013)
Un
profilo che non passa inosservato quello della newyorkese Rachael Sage,
forse nemmeno a sé stessa visto come ama metterlo in evidenza nelle foto
e nella copertina di Haunted By You, decimo album di una lunga ma
anche abbastanza oscura carriera. Rachael è nata artisticamente nei primi anni
90 (Morbid Romantic, esordio programmatico fin dal titolo, è del 1995), tempi
in cui questo modo etereo di fare canzone al femminile era un'assoluta novità
e Tori Amos raccoglieva più di lei i frutti della lezione del decennio 80 di Kate
Bush. Lei è un personaggio eccentrico e affascinante, decisamente all'avanguardia
a suo tempo, ma sfortunatamente rimasta senza dischi da poter esibire come pietre
miliari.
Haunted By You segue l'incerto e debole Delancey Street, recuperando
sicuramente una maggiore consapevolezza d'autrice (notevole in questo senso la
title-track). Se Invisible Light pare un inizio
un po' leggerino (ma verrà riproposta nel finale in versione più convincente),
Abby Would You Wait (impreziosita dall'intervento
vocale di Seth Glier) pare subito trovare il perfetto equilibrio tra testo e melodia,
mentre California dimostra che forse anche
le giovani folksinger alla Anais Mitchell devono molto alla sua generazione di
chanteuse. L'album conserva comunque la tipica eleganza delle sue produzioni,
con grande sfoggio di archi (The Sequin Song deve
molto al violino di Jacob Lawson), del suo immancabile pianoforte (in grande evidenza
in Performance Art, tour de force con un testo
notevole fin dall'originale incipt "Oggi è il primo giorno del resto della mia
morte") e il solito stuolo di session-man e amici che popola da sempre i suoi
dischi.
Si trovano le voci di Dar Williams e della procace Lucy
Woodward, si sprecano le chitarre d'oro di James Mastro, David Immergluck
dei Counting Crows, Mark Bosch (Ian Hunter Band) e addirittura del redivivo Shane
Fontayne (Lone Justice e Springsteen era Human Touch) per un disco dove le sei
corde restano comunque sempre relegate sullo sfondo per paura di rovinare il pathos
di brani come Ready (dove Fontayne comunque
prova a gettare elettricità nelle acque chete di un sound levigatissimo) o Confession.
Inevitabile il paragone più che con la Tori Amos già citata, con la Regina Spektor
più stilosa o con la Sarah McLachlan più evocativa. Album interessante ma decisamente
troppo lungo e senza variazioni sul tema, Haunted By You conferma la Sage come
personaggio incapace di dire quella parola in più che zittisca tutti. E di fatto,
intorno a lei, sentiamo un gran vociare di giovani e talentuose artiste che fanno
decisamente più rumore. Ed è un peccato, perché è del silenzio che avrebbe bisogno
Haunted By You per esprimersi al meglio.