Sacri Cuori
Rosario
[Decor Records/Interbang
2012]

www.sacricuori.com


File Under: Lido's Rock

di Nicola Gervasini (14/01/2013)

Partiamo dai convenevoli da recensione: Sacri Cuori è una sigla che cela le personalità di Antonio Gramentieri (chitarre) Francesco Checco Giampaoli (basso) Christian Ravaglioli (tastiere e fiati) e Diego Sapignoli (batteria), più altri collaboratori estemporanei ((Denis Valentini e Enrico Mao Bocchini), hanno già realizzato un album nel 2010 (Douglas and Dawn) e da almeno due anni sono una delle backing-band preferite da artisti dai nomi (per noi) altisonanti come Dan Stuart (compreso il progetto degli Slummers), Hugo Race Fatalists, Richard Buckner e altri. Da qualche mese stanno facendo molto rumore grazie a Rosario, il loro secondo album, registrato tra Richmond e Hollywood con uno stuolo di ospiti da sogno. Ora passiamo a quello che non vorremmo essere costretti a dirvi perché tanto ve lo hanno già detto tutti: non vorremmo ad esempio farvi passare questi quasi 60 minuti di musica per "la versione italiana dei Calexico", nonostante si tratti di un disco principalmente strumentale, nonostante la capacità evocativa di questi brani conservi lo stesso taglio cinematografico della band di Joey Burns (ascoltate Fortuna ad esempio), nonostante il medesimo amore per le melodie di frontiera e il suono del deserto. E aggiungiamoci nonostante la presenza di John Convertino a dare la benedizione al tutto.

Gramentieri e soci sono evidentemente nati masticando roots-music e film di Quentin Tarantino (che tranquillamente avrebbe potuto usare brani come El Gone o El Conte per commentare la sua ultima fatica Django), ma Rosario si spinge oltre, in un orizzonte sconfinato che persino gli stessi Calexico ultimamente sembra facciano fatica a vedere. E cioè in una concezione nuova di musica a 360 gradi, dove le definizioni e gli steccati stilistici svaniscono in arditi mix culturali e dove gli elementi "americani" convivono perfettamente con quelli europei (Quattro Passi sa di tema da commedia italiana), dove la musica dei circhi dei Balcani (Sipario!) viene portata in Romagna (Lido) attraverso danze gioiose (Teresita, sorta di versione virata a liscio di Tequila) o tristi passeggiate da mare in inverno (Out Of Grace). Album da ascoltare preferibilmente sollecitati da un degno contraltare visivo (un tramonto, un quadro, una strada, il vostro partner, scegliete voi…), Rosario scorre senza intoppi, trovando varietà nella sua unitarietà sonora, con brani che via via tengono alta la tensione (Sundown, Rosa), si fanno minacciosi (Steamer), giocosi (Lee-show) o rilassati (Where We Left).

A questo suggestivo pastiche di generi (ma non "di genere") partecipano divertiti musicisti come David Hidalgo, Jim Keltner, Marc Ribot, l'ex Long Ryders Stephen McCarthy e una Isobel Campbell che dona voce alla sognante Silver Dollar che apre il disco, ma se la lista dona prestigio all'operazione, non deve far sfuggire la bravura dei padroni di casa. Non "italiani che fanno gli americani", nemmeno "italiani che vanno in America", ma musicisti di un mondo musicale che sta diventando sempre più vasto, dove nulla più si può inventare, ma tanto ancora c'è da incontrare, scoprire, conoscere e interiorizzare.


    


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