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indie pop, power pop di
Gabriele Gatto (27/02/2012)
A
mettere su il nuovo disco dei Nada Surf, pare proprio che il tempo si sia
fermato a sedici anni fa, quando il trio newyorkese si presentava sulle scene
con l'ottimo High/Low, un album pieno di euforia power pop ed un singolo trainante
(l'hit minore Popular) che spalancò alla band di Matthew Caws (chitarra
e voce), Daniel Lorça (basso) e Ira Elliott (batteria) le porte di un certo successo.
La storia poi fu simile a quella di tante altre band: un secondo album su major
che non andò secondo le aspettative, un passaggio alla distribuzione indipendente
e la progressiva acquisizione di uno status di band "di nicchia" celebre soprattutto
fra gli appassionati del Vecchio Continente. Ed è un peccato, perché ai Nada Surf
sarebbero potuti spettare ben altri palcoscenici.
Nel frattempo, il suono
della band non si è poi staccato più di tanto da quello grintoso e gioioso allo
stesso tempo che ne caratterizzò gli esordi. E questo nuovo disco (che possiede
uno dei più bei titoli degli ultimi tempi) non fa altro che innestarsi sulla strada
tracciata dai sei album precedenti. La ricetta è sempre la stessa: chitarre sferraglianti
che rimandano talvolta ai Dinosaur Jr. più melodici, armonie e arpeggi stretti
di elettrica che riportano la mente alla California dei Byrds e un'attitudine
compositiva che ha in Lennon e McCartney i suoi fari illuminanti. A voler tracciare
paragoni, questo nuovo disco rimanda molto ai lavori più ispirati di un'altra
grandissima band di culto, quei Teenage Fanclub che hanno segnato la strada a
moltissime band nell'ambito del pop-rock di attitudine indipendente. E proprio
ai Teenage Fanclub rimandano spesso i giri armonici e gli intrecci vocali di questo
nuovo The Stars Are Indifferent to Astronomy.
Le undici
canzoni qui proposte sono di quei brani che fanno immediatamente breccia nell'ascoltatore,
per la loro leggerezza ed immediatezza: non si tratta di uno di quegli album che
hanno bisogno di essere lasciati decantare, ma sono un'espressione gioiosa e immediata
di una band che ama fare musica e pare fregarsene del tempo che avanza. Così,
Teenage Dreams sembra un inno all'adolescenza
passata ("Somethimes I ask the wrong questions but I get the right answers (…)
it's never too late for teenage dreams"), mentre l'uno-due iniziale di Clear
Eye Clouded Mind e Waiting for Something,
pieno di sventagliate di chitarra e ritornelli che colpiscono all'istante, pare
essere un vero e proprio consiglio a lasciarsi alle spalle le preoccupazioni ed
immergersi nella musica. E quest'impressione è quella che traspare da tutte le
tracce del disco, ricordando con una menzione speciale Jules
and Jim, vagamente più meditativa delle altre. Insomma, uno di quei
dischi di cui ogni tanto c'è bisogno per raddrizzare una giornata storta.