File Under:
indie folk di
Yuri Susanna (14/06/2012)
Elephant
Micah è un progetto musicale aperto che ruota da una dozzina d'anni intorno
alle visioni di Joseph O'Connell, fresco trentenne dell'Indiana con il phisique
du role: occhiali da nerd, camicia di flanella a quadri (o felpa con cappuccio,
dipende dalla serata), aria da segaiolo impenitente. O'Connell nutre una fiducia
incorruttibile nell'autoproduzione e nella bassa fedeltà. Una fede che ha lasciato
dietro di sé la testimonianza di una ventina di titoli o poco meno (tra album
e EP), e una fila di seguaci che ad ogni uscita si allunga. Louder Than
Thou marca un punto di svolta in questa storia fatta per lo più di CD-R
venduti ai concerti e registrazioni casalinghe su un quattro piste. Se non è cambiata
la filosofia distributiva (chi non si accontenta della versione digitale, per
la copia fisica dell'album dovrà fare richiesta direttamente alla label di O'Connell,
Product of Palmyra), certo in casa Elephant Micah è cambiato il modo di pensare
la musica, di registrarla, di produrla.
Come ha dichiarato lo stesso O'Connell,
Louder Than Thou ha richiesto un tempo di realizzazione dieci volte più lungo
di quello di qualsiasi altro suo disco. Di fatto è il primo album di Elephant
Micah che sia passato attraverso un serio lavoro di postproduzione. I duri e puri
tra i suoi fans storceranno il naso, ma è un approdo inevitabile, a volte. Si
cresce, si prende fiducia nei propri mezzi, forse semplicemente ci si stanca di
vedere le proprie canzoni andare in giro vestite di stracci, trasandate. Viene
voglia di metterle in ordine, dare una pettinata, scegliere per loro un vestito
elegante. Tranquilli, l'ispirazione è rimasta quella di sempre: O'Connell ha succhiato
dal biberon gli struggimenti del Neil Young di On the Beach, e ha imparato a coniugarli
in un linguaggio a lui coevo - non è difficile rinvenire nel suo songwriting tracce
del cantautorato slowcore di un Mark Kozelek o il tradizionalismo folk "fuori
fuoco" di Matthew Houck o di Jason Molina. Nuova è la ricerca espressiva con cui
viene data alle composizioni la possibilità di emergere: in Louder Than
Thou la tessitura sonora è ricca, complessa, gli arrangiamenti lasciano
che l'interplay degli strumenti metta in luce i colori dei brani.
Nel
dettaglio: Tin Foil Continent è una dolente
ballad alt.country attraversata da scariche di dissonanza elettrica; Won
These Wings si regge su pochi accordi frantumati di chitarra, il battito
sistolico di una percussione, il lamento di un sax: pura "aria solida"; My
Cousin's King è una danza agreste dalla melodia Irish, condotta dal
dulcimer; If I Were a Surfer è un'ipnosi neilyounghiana,
accarezzata da un organo e da intensi squarci armonici; Rooster
on the Loose è quella che conserva le più evidenti tracce dell'antico
minimalismo; di contro, Airline Living è la
più ambiziosa: porta la scrittura di O'Connell a misurarsi con una dimensione
di musica "cosmica", un folk/jazz cha sta tra Tim Buckley e il David Crosby più
etereo. I fedeli al verbo di Elephant Micah reclamano da tempo per il loro guru
un posto nel gotha dei folksinger contemporanei: di fianco, che so, a un Bill
Callahan, un Sam Beam (Iron & Wine) o un William Oldham. Dopo Louder Than
Thou molti (e ci mettiamo anche noi) potrebbero essere invogliati a prenderli
sul serio.