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girl-folk di
Nicola Gervasini (06/06/2012)
Da
qualche anno si aggira per l'Europa (e recentemente anche in Italia) un piccolo
uragano folk venuto dall'Irlanda, una bionda ragazzina che sale spesso sui palchi
di altri grandi nomi tra l'indifferenza generale e con l'aria timida di chi chiede
quasi scusa di disturbare, e ne scende seguita dalle preghiere di non smetterla
più del pubblico entusiasta. E' questa la fama che segue Wallis Bird da
ormai sei anni, supportata da due album (Spoons del 2007 e New Boots del 2009)
che riuscivano solo in parte a rappresentarne la veemenza live. A quanto pare
però è già tempo di svolte nella sua carriera: Wallis Bird, album
volutamente senza titolo perché sia scambiato in futuro per un'opera prima, cerca
infatti di razionalizzare e far crescere il personaggio prima ancora dell'artista.
Arrivano così pose fotografiche studiate, singoli con sound decisamente ammiccanti
e radiofonici (Encore) e seguiti da video
ben studiati (girato a Berlino, dove è stato anche in parte registrato l'album)
e una produzione più mirata.
E soprattutto una presentazione marketing
che la paragona ad Ani DiFranco e Alanis Morissette, dando così un colpo al cerchio
ed uno alla botte, cercando di cogliere l'arco costituzionale delle fans al femminile
a 360 gradi. Più che altro fa sorridere l'accostamento di due modelli di sensibilità
rock al femminile così opposti, ma effettivamente anche l'album vive la medesima
contraddizione. Per cui accanto a brani che strizzano l'occhio alle ragazzette
alla ricerca del primo vaffanculo da dire al papà (Ghosts
Of Memories) troviamo tentativi anche ben riusciti di proporsi come
artista matura e a tutto tondo, sia quando riesce a ben capitalizzare la propria
rabbia di donna all'eterna ricerca della propria vera natura (Dress
My Skin And Become What I'm Supposed To, programmatico brano d'inizio)
o anche quando cerca di ravvivare il tutto uscendo dal seminato con la giusta
ironia (la caraibica Heartbeating City).
Lo
spirito della migliore Morissette, quella che negli anni 90 ha segnato e cambiato
indelebilmente il mondo del cantautorato femminile, esce allo scoperto in brani
come But I'm Still Here, I'm Still Here ,
ma ad un orecchio attento alla fine si preferiscono i brani dove la Bird tenta
semplicemente di apparire un'autrice credibile come I
Am So Tired Of That Line (decisamente il brano più riuscito) o Feathered
Pocket. In sostanza il problema di Wallis Bird (l'album), è che sembra mettere
in mostra una rabbia e una passione che non è esattamente quella di Wallis Bird
(l'artista), ma qualcosa di più studiato a tavolino, nonostante gli spunti interessanti
restino parecchi (Take Me Home, In Dictum)
. Giusto dunque che si parli molto di questo finto esordio, il talento è grande
(anche se ancora troppo legato ad altri modelli), ma l'impressione è che Wallis
Bird qui non ce la stia raccontando ancora tutta la sua storia.