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caramella pop di
Fabio Cerbone (03/10/2012)
La
sorpresa di Carrington Street sta tutta nella sua apparente innocenza
e semplicità. Musica pop nella sua accezione più intima e disarmante, gli stringati
trentuno minuti e le dieci favole di Adele & Glenn riportano in auge un
approccio disincantato alla materia, togliendo ambizioni e orpelli che spesso
hanno invaso e gonfiato a dismisura una sensibilità melodica che in questi anni
ha prodotto troppi pasticci. Carrington Street è invece un tuffo nell'armonia,
in una approssimativa perfezione, e qui sta tutta l'incoerenza affascinante dell'album,
che mette insieme acustico ed elettrico, fragilità pop e scalpitante irruenza,
accesi ricordi dei sixties e filastrocche folk.
Non sbuca dal nulla questa
coppia di australiani di Brisbane, ma annovera esperienze e collaborazioni che
tracciano un sentiero preciso. Adele ha fatto parte del progetto The Dave Graney
Show, poco noto al di fuori dei confini nazionali, mentre il compagno Glenn arriva
dai Custers. Ma il vero campanelo d'allarme è che entrambi sono stati colonne
portanti dei Go-Betweens della rinascita, anni 2000 in poi, prima al fianco del
solo Robert Foster, quindi basso e batteria per il riformato ensemble pop australiano,
una delle colonne della scena alternativa fin dagli anni '80 e certamente nome
di culto per molti appassionati. Da qui sono stati carpiti una buona parte dei
segreti infusi in Carrington Street, album che ad ogni modo cammina su un tracciato
personale di trasognata leggerezza folk pop, simboleggiata dal saliscendi di chitarre
e mandolini dell'irresistibile I Dreamt I Was A Sparrow.
Quintessenza dello stile Adele & Glenn, è una carezza che nell'intreccio delle
voci catapulta in piena letizia sixties, anche se il contrasto interessante creato
dalla coppia è proprio riflesso dalle liriche. Ritratto di varia umanità e sensazioni
captate fra le strade di Sidney, in dodici mesi di clausura musicale nel piccolo
studio di Marrickville, sobborgo della grande città da cui scrutare il mondo cicostante.
Un gioco di specchi e opposti che fa esplodere e al tempo stesso mantiene
sempre controllata l'attitudine sbarazzina del duo: graziosamente retrò all'apparenza,
ma mai stucchevoli, Adele & Glenn scavano fra melodia e ritmi nervosi in Tunnels,
hanno un ritorno di fiamma punk improvviso nella scombinata City
of Sound, rivisitano la Violent Femmes in veste pop grazie all'irresistibile
Tomorrow Today, quindi virano al folk austero
di Auntie Nelly, dolcissima nenia acustica
che Adele interpreta con autenticità. Il disco è tutt'altro che raffazzonato,
si badi bane, nonostante l'atteggiamento un po' naif che traspare dal loro stile:
ad esempio nel sobbalzare di Rescue, con quel irresistibile organetto a
fare da guida, o nella rustica, goffa marcetta di Happiness.
Dimostrazione ulteriore dell'abilità di essere immediati senza conoscere la banalità
(una Grey Sluts che piacerebbe persino a Jeff
Tweedy, il cristallino timbro di chitarre byrdsiano in Remembering Names),
Adele & Glenn fanno di necessità virtù, suonando quasi tutto in prima persona,
senza minimamente ricadere nella categoria abusata della bassa fedeltà. Qui tutto
è hi-fi, in un modo tutto suo.