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Rose Hotel
A Pawn Surrender
[Strolling Bones 2024]

Sulla rete: rosehotelmusic.com

File Under: psychedelic, indie rock


di Giovanni Andreolli (22/07/2024)

A Pawn Surrender comincia con Fall in Love Again and Again, un’onda sonora – “(L’amore) Sale lentamente come un’onda, lo sento crescere sulla mia pelle” – che cresce piano piano con l’ingresso degli altri strumenti, aggiungendosi alla chitarra elettrica e alla voce di Jordan Reynolds, ovvero Rose Hotel. Ricorda l’aggressione emotiva di This is Love di PJ Harvey, anche se meno potente e liberatoria. Rose Hotel rifiuta etichette da applicare alla sua musica, anche se l’eccessiva libertà nel suo viaggio tra i generi corrispondeva, agli inizi della sua carriera da solista, al timore di non avere un’identità precisa. Una paura superata negli anni e un rischio accettato dalla cantautrice, oggi residente ad Atlanta, Georgia.

La melodia dissonante e la psichedelia trasportano l’ascoltatore lontano, in un’altra dimensione, fuori dal tempo. Fino a quando è il lampo dell’elettrica a riorientarlo, insieme al rullo più incessante della batteria, al basso più accentuato e al cantato ancora più acido, ma il ritorno sulla terra è comunque soffice, non violento. La voce di Jordan Reynolds incanta: si fa dolce-amara, a volte trasognante, a volte decisa, mentre canta l’età adulta, per tanti piena di incertezze tanto quanto l’adolescenza. L’ipnotismo erotico e quasi sarcastico di Fruit Tree – dove l’invito ad assaggiarla come il frutto di un albero è dettato da un ritmo cadenzato e teso, rafforzato nel ritornello o bridge (difficile a dirsi quale dei due) – , l’indipendenza proclamata in Drown, il rancore del country di Not Like That, la ninnananna di On Your Side sembrano condurre, insieme agli altri brani, fino a King and a Pawn, il fulcro tematico del disco.

La scacchiera dove si giocano le nostre vite, come nel celebre film di Bergman, non solo è il tema della canzone, ma ispira anche il titolo, che guida e stringe insieme i dieci pezzi: “Siamo intrappolati in uno stallo, ed è così sbagliato chiudersi in un angolo, evitando qualsiasi mossa, rifiutando la resa, sebbene per entrambi sia la cosa migliore da fare”. Sarà l’egoismo, sarà l’orgoglio, sarà la maschera che si indossa quotidianamente e che falsamente viene chiamata identità, ma la difficile distanza che gli esseri umani creano tra di loro, nell’odio come nell’amore, si può solo abbattere con la resa. Un segno di debolezza purtroppo per tanti, ma anche l’unica via per fuggire dalla mortale partita di scacchi su cui ci giochiamo costantemente tutto, anche se con la paura costante di perdere. A Pawn Surrender, più che promosso.


    


<Credits>