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Wednesday
Rat Saw God
[Dead Oceans/ Goodfellas 2023]

Sulla rete: wednesdayband.bandcamp.com

File Under: indie rock


di Giovanni Andreolli (05/05/2023)

“Il ratto vide Dio” è l’indecifrabile titolo del quarto album in studio dei Wednesday, il produttivo (iniziarono nel 2020) gruppo shoegaze proveniente dalla periferica Asheville, North Carolina. Apprezzato dalla critica, d’oltre oceano e nostrana, si può concordare che Rat Saw God sia il loro lavoro più rilevante fino a questo momento, pur essendo coerente con quello che è stato fatto in passato, cioè negli ultimi tre anni: infatti, c’è ancora il recupero di suoni e atmosfere provenienti dagli anni Novanta, d’altronde inevitabile quando ci si rifà allo shoegaze, genere nato proprio in quel periodo che, tra l’altro, non ha mai smesso di avere nuovi discepoli negli ultimi tre decenni, senza però perdere una propria identità precisa, non afflitta dalla nostalgia, sentimento tanto di moda oggi, utile soltanto a mascherare la mancanza di idee nuove.

Del resto, i Wednesday – la cantante Karly Hartzmann, Jake Landerman e Xandy Chelmis alle chitarre elettriche, Margo Schultz al basso, e Alan Miller alla batteria – richiamano, citano, ma mai copiano, hanno un loro specifico sapore, che in Rat Saw God è particolarmente amaro: le liriche scoraggiate, o meglio ancora, amaramente consapevoli del senso di vacuità che spesso si prova nei confronti della propria vita – “Found out who I was and It wasn’t pretty” (What’s So Funny) -, sono affondate tra le grida della Hartzmann e le chitarre effettate, distorte, volte a travolgere e avvolgere le orecchie dell’ascoltatore in un flusso sonoro continuo; ogni brano dell’album è a metà tra la distorsione dissonante, più accentuata in quest’ultimo lavoro rispetto ai precedenti, e la melodia, una delicata melodia, così come la voce di Karly Hartzmann, spinta in alcuni momenti ad urlare fino a perdere quasi il fiato (come in quel “Finish him” di Bull Believer) e in altri più dolce, soprattutto in quei brani dal sapore alt-country come Chosen to Deserve, dove viene descritta, attraverso una serie di vicende personali, quella fase della relazione nella quale vengono raccontate le parti meno piacevoli di sé stessi, con un ritornello incoraggiante, in cui i difetti dell’altro, e di sé stessi, vengono accettati.

Ma dalla grande confusione sonora, a tratti a tinte cupe, musicalmente e liricamente – da Turkey Vultures: “At night I don’t count stars, I count the dark”-, caotica e assordante, emerge sempre, complessivamente, una melodia unica, instabile, pendente tra la violenza e la dolcezza. Rat Saw God è un ottimo disco, il migliore dei Wednesday, e merita assolutamente un ascolto.


    


<Credits>