Diretta, candida e devastante al tempo stesso, l’espressione
musicale di Le Ren abita luoghi nostalgici per definizione. Una
voce cullante, di cui innamorarsi perdutamente, che accompagna l’ascoltatore
dentro le fragilità emotive di un’autrice che riesce mirabilmente a mantenersi
in equilibrio fra l’eleganza della canzone folk più sofisticata e la rustica
bellezza della roots music nord-americana. Canadese originaria dell’area
rurale di Bowen Island, nella British Columbia, ora accolta dalla vivace
scena artistica di Montreal, Lauren Spears in arte Le Ren porta dentro
di sé un peso non indifferente, nonostante i suoi ventisei anni. Gli “avanzi”
di Leftovers sono esperienze di vita, ricordi, sentimenti
che passano dalla dedica alla madre nel primo singolo Dyan
alla languida preghiera amorosa di Take on Me, lei che ha dovuto
subire la dolorosa perdita dell’ex fidanzato in un tragico incidente automobilistico.
Concepito sulla scia dell’entusiasmo generato dall’ep Morning & Melancholia
del 2020, in un primo momento destinato a prendere forma negli studi di
Los Angeles, Leftovers ha rivisto i suoi piani seguendo le restrizioni
dell’ultimo anno di pandemia, con la sola Spears a completare le registrazioni
insieme al produttore Chris Cohen (Deerhoof, Weyes Blood) in quel di Portland,
mettendo insieme un cast di partecipanti a distanza. Tra questi ultimi
si distinguono la voce di Jess “Tenci” Showman nel duetto di Annabelle
and Maryanne, la chitarra di Buck Meek dei Big Thief, il banjo di
Kaia Kater, il violino di Saltwater Hank, il dulcimer di Kori Miyanishi,
ma soprattutto la melliflua pedal steel di Aaron Goldstein, a spandere
aromi agresti e tenerezze country su buona parte del materiale.
Tuttavia, definire Leftovers un disco allineato all’ortodossia
dell’Americana sarebbe un delitto, perché nonostante gli studi e le frequentazioni
bluegrass che la stessa Le Ren vanta nel suo curriculum di musicista,
l’album abita luoghi più sospesi e ancestrali, mettendo in comunicazione,
come già qualcuno ha fatto giustamente notare, la tradizione folk di entrambe
le sponde dell’Atlantico, da Vashti Bunyan a Joni Mitchell (provate a
farvi rapire da I Already Love You),
alla misconosciuta Kate Wolf, per approdare all’oggi di Laura Marling
(c’è tutto il suo esile incanto acustico tra le note di Friends Are
Miracles e nel finale agrodolce di May Hard
Times Pass Us By), una nuova madrina per Le Ren e tante altre
colleghe.
Sono ballate talmente essenziali da giungere a noi a cuore aperto: non
c’è una sola nota di troppo nell’ondeggiare sfibrato e dolcissimo di Was
I Not Enough?, Who’s Going To Hold me Next? e Willow,
bastano a se stesse nei loro valzer country sospesi nel tempo, e se la
più facile delle accuse a Le Ren sarà la ripetitività delle forme e delle
atmosfere, lasciate che la circolarità di queste melodie, così intime
nel loro approccio (Your Cup potrebbe
essere un buon punto di partenza), vi entri sotto pelle. Soltanto allora
le qualità di Leftovers saranno svelate.