Il sesto disco di Andy
Shauf, giovane cantautore canadese, è un concept album sviluppato
attorno a una storia semplice, frutto della fantasia dell’autore, ma veritiera
e resa straordinaria soprattutto per la sua abilità nel descrivere l’umanità
nella sua vita di tutti i giorni. Un’umanità normale, che continua a ripetere
gli stessi errori, ma che viene descritta senza giudicare: posto sullo
stesso piano dei suoi personaggi, il narratore conclude il racconto senza
alcuna verità assoluta e con la sola consapevolezza che a prescindere
da come andranno le cose, la vita stessa andrà avanti e tutto si sistemerà
(“Nothing is the end of the world” come da lui stesso dichiarato).
Con un sottofondo delicato dato da una dolce, e a tratti malinconica,
fusione tra la chitarra acustica protagonista di ogni brano, e dinamiche
strumentali concettualmente molto vicine al jazz, che danno forma a un
fondale urbano e notturno perfetto per l’ambientazione del disco, prende
vita la storia: quella che per il protagonista doveva essere una tranquilla
serata trascorsa a bere in compagnia del solito amico, si trasforma dapprima
in un viaggio tra i ricordi del suo ormai concluso rapporto d’amore, memorie
sollecitate dal ritorno in città della sua ex, per condurre infine all’incontro
inaspettato con lei, che metterà a tacere definitivamente qualsiasi speranza
di poter tornare indietro. La vicenda è raccontata magistralmente, dando
spazio ai dialoghi, veri centri di forza su cui girano tutti i brani:
Andy Shauf, nei panni del regista che mette in scena il suo film manovrando
abilmente attori e semplici comparse, riesce ad arrivare dove pochi nella
musica arrivano, cioè a quel magico passaggio che porta dall’ascolto all’immagine,
alla visione fisica degli avvenimenti messi in luce dalla musica.
Essendo un concept album, è impossibile estrarre un brano dal resto del
disco; o meglio, certo lo si può fare, ma sarebbe come leggere casualmente
un capitolo di un romanzo, che può (forse) piacere, ma inevitabilmente
mancherebbe di qualcosa (d’altronde The Neon Skyline non
dura tanto, poco più di una mezz’ora, a differenza di altri dischi con
la stessa idea di fondo). La bellezza di questo album sta nell’intero
lavoro, in tutta la sua completezza, musicale e testuale (parti entrambe
curate da Shauf, cantautore, compositore e arrangiatore di ogni brano),
dimostrando, ancora una volta, quanto sia giusta l’attenzione rivolta
al cantante originario di Estevan.