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young garage rock di
Fabio Cerbone (28/04/2017)
"All
the rock stars are behind the bar/ serving computers with acoustic guitars/ It's
a travesty". Interessante: il ragazzo sembra avere le idee chiare e le esprime
senza peli sulla lingua. È uno dei versi di All the Punks
are Domesticated, brano conclusivo di Heavy Meta, tour
de force chitarristico di Ron Gallo, al secondo capitolo solista. Pubblicato
sul finire dell'inverno per la New West, senza molta propaganda tra la stampa
europea (qualche attenzione soprattutto in Inghilterra), l'album di Gallo sembra
avere diviso la critica americana, che in parte ha rimproverato i testi troppo
cinici e al vetriolo del giovane rocker originario di Philadelphia, "colpevole"
di un certo atteggiamento naif e scontroso. Peccato, i signori si sono persi l'innocenza
di un rock'n'roll che quando è giovane e irrispettoso ha già fatto metà del suo
mestiere, riportando in superficie una musica che deve dare fastidio e deve anche
esegarare nella sua sfrontata vitalità.
È il caso esemplare di Heavy Meta,
disco registrato a Nashville con un trio che in parte ha riallacciato i fili con
la precedente esprerienza di Gallo alla guida dei Toy Soldiers (fondati nel 2007),
chiamando con sé il basso di Joe Bisirri (che condivide la produzione) e la batteria
di Dylan Sevey. Insieme fanno un baccano dell'inferno e legano la New York punk
del CBGB's e dei Television con il garage più acido di fine sixties, l'assalto
del glam rock con la psichedelia più nervosa. Prova ne siano l'assalto all'arma
bianca del trittico iniziale e la sequenza di ceffoni che arrivano con Young
Lady, You're Scaring Me, singolo di apertura tra i più ruggenti brani
rock ascoltati di recente, Put the Kids to Bed e Kill the Medicine Man.
La voce strilla e graffia, i riverberi sono tirati al massimo, le chitarre tessono
la loro trama tra feedback lancinanti e riff punk blues, mentre le liriche affrontano
rapporti di coppia e dipendenze varie con un atteggiamento niente affatto scontato
e anche un po' disturbante.
Il lato dark e provocatorio di Ron Gallo (la
storia di Why Do You Have Kids?) è ciò che
può avere generato qualche perplessità, la stessa che scompare davanti al wall
of sound chitarristico che il trio costruisce, comprese tutte le ingenuità del
caso. Heavy Meta passa dalla spedita sfuriata di Please Yourself alle bizze
di Black Market Sound e Don't Mind the
Lion, con le sue scariche statiche e un sound che si sfilaccia in strali di
garage rock psichedelico a tratti entusiasmante, altre volte confuso. Che è in
fondo la lente attraverso la quale osservare Ron Gallo e la sua musica, un ragazzotto
con obiettivi più solidi di quello che si pensi (All the Punks Are Domesticated,
appunto) e un futuro promettente davanti a sé, a patto che sappia seguire
soltanto il suo istinto.