Nada Surf
You Know Who You Are
[
Barsuk Records
2016]

www.nadasurf.com

File Under: Back to schooldays

di Nicola Gervasini (02/05/2016)

Negli anni ottanta usavamo il termine "college rock" per band come i Nada Surf, oggi non ho ben idea se nei college americani continui la tradizione di carbonara diffusione della musica indipendente, o se l'indie anni 2000 è diventato talmente la norma da non poter più trovare un denominatore comunque nella musica ascoltata dagli studenti americani. In ogni caso i newyorkesi Nada Surf, band nata nella seconda metà degli anni 90 quando ormai già il college rock veniva chiamato alternative rock, se non già indie-rock, stanno cominciando a diventare dei veri veterani del genere. Parliamo di qualcosa che sta dalle parti del suono dei primi R.E.M., con chitarre che sanno di Byrds e California anni 60 e impasti vocali che invece guardano ai Beach Boys.

Matthew Caws (voce e chitarra), Ira Elliot (batteria), Doug Gillard (chitarra) e Daniel Lorca (basso) fanno parte di quella generazione di musicisti refrattari ai cambi d'epoca e a nuove logiche di mercato (che forse semplicemente si traducono in una totale assenza di un mercato gestito per questo tipo di produzioni). Per questo l'unica sorpresa che si ha nell'ascoltare You Know Who You Are, loro ottavo album, è quella di quanto questi quattro ragazzi ancora sappiano confezionare perle di old-pop californiano unendo ingredienti risaputissimi, eppure trovando un tocco personale che sta pian piano diventando un piccolo marchio di fabbrica. Faranno meno scena di altre band per orecchie meno allenate, ma chi ha nel cuore certe costruzioni di sopraffino power-pop troverà quasi geniali brani come Cold To See Clear, un muro di chitarre e voci decisamente anni 90 che suona ancora fresco, come anche le aperture alt-country alla Jayhwaks più poppettari di Believe You're Mine,o il bel rock urbano di Friend Hospital che pare il risultato di una session tra Johnny Marr e Jesse Malin (che volendo potrebbe anche essere l'autore della title-track).

Il disco in genere ha una quadratura decisamente listener-friendly, quasi un tocco radiofonico nel suo indugiare più del loro solito su melodie (rinforzate anche dalle voci di Ken Stringfellow dei Posies e Dan Wilson dei Semisonic), persino quando il ritmo accelera come in New Bird o quando si lambisce il jingle-jangle rock in una Out Of Dark impreziosita dai fiati o in una quasi easy-listening Rushing. Animal invece sembra un brano di un qualsiasi cantautore di Austin, con acustiche ed elettriche che inseguono la musica roots. Un cambio di rotta che testimonia ed elegge i Nada Surf a ultimi paladini di underground-rock che fa tesoro di lezioni inglesi e americane in egual misura, una sorta di incrocio finale di tutta la storia del rock indipendente, quello che cerca la canzone e non la sperimentazione fine a sé stessa, e spesso la trova ancora. E in un era in cui escono miriadi di dischi dove le canzoni con la C maiuscola sono al massimo 2 o 3 se va bene, comincia ad essere un merito non da poco. Per nostalgici, ma anche per chi ancora crede in un futuro di questo rock essenziale.


    


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