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Scottish storyteller di
Yuri Susanna (12/11/2014)
Cellardyke
è un villaggio nel Sud-Est della Scozia. Case bianche raccolte intorno al porto,
gli inevitabili pub dagli sgabelli scricchiolanti, vecchie storie di fantasmi
e marinai tramandate da una generazione all'altra. E tanta musica. Nel Fife, la
piccola regione affacciata sul Mare del Nord che include Cellardyke, da almeno
quindici anni ferve una scena neo-folk coagulatasi intorno a un'attivissima label
discografica, la Fence Records dell'infaticabile King Creosote - una quarantina
(!) di dischi e progetti dal 2000 ad oggi, tra cui uno dei dischi di folk progressivo
più interessanti del decennio (Diamond Mine, del 2011, nato dalla collaborazione
con il musicista elettronico Jon Hopkins). James Yorkston viene da lì,
anche lui ha fatto parte del Fence Collective e, anzi, è stato il primo a dare
visibilità alla scena locale, con quell'esordio del 2002 (Moving Up Country) che
ha sparso il verbo di un austero e intimo rimestare nella tradizione del british
folk, con quel tanto di patina indie da calamitare l'attenzione su di lui.
Il
suo percorso è stato da allora in discesa - una mezza dozzina di album tutti ispirati,
tutti sospesi in misura diversa tra la fragile emotività di un Nick Drake, la
psichedelia fiabesca di un Donovan e il sornione spirito di osservazione di un
Ray Davies (aggiungiamo anche la malinconia pop di un Chris Bell, visto che proprio
a suggello di quest'ultimo disco troviamo una cover di You
and Your Sister). Anche KT Tunstall viene da lì, ed è probabilmente
la cosa più vicina a una popstar emersa da quelle brume (e non fate finta di non
sapere chi sia: Black Horse and the Cherry Tree nel 2006 ci ha tormentato le orecchie
in ogni luogo e in ogni lago). Quindi non stupisce poi tanto trovarla ospite in
questo lavoro (del resto, appena un anno fa l'avevamo scoperta a collaborare con
Howe Gelb, segno della volontà di rifarsi una verginità, se così si può dire).
La Cellardyke Recordings and Wassailing Society può vantare anche
altri membri onorari, come The Pictish Trail e Alexis Taylor degli Hot Chips (che
ha prodotto il disco), e collaboratori di lungo corso di Yorkston come Jon Thorne
ed Emma Smith. Il termine Wassailing fa riferimento alla tradizione britannica
di passare porta a porta a intonare canti natalizi. Ma, tranquilli: non è un disco
di canti di Natale, questo. E, nonostante le collaborazioni e lo spirito corale
che lo anima, non è neanche un'opera che si discosta dai percorsi abituali di
Yorkston.
Il quale ci affabula una volta di più con le sue storie, appoggiate
con fragile grazia al consueto rimuginare di una chitarra acustica, nella tradizione
dei storyteller folk in cui siamo abituati a vederlo da sempre a suo agio. Le
trame semplici delle canzoni si addensano intorno alle armonie e ai controcanti
degli ospiti (la Tunstall è la vera coprotagonista del disco, doppiando la voce
del titolare in molti dei brani, e dividendo con lui la scena in Honey
on Thigh e Great Ghosts). Aggiungete
violini, fiati (il clarinetto) percussioni, steel drums e strumenti a corda di
varia natura, e avrete ricomposto la cornice in cui si animano le storie di Yorkston,
quei personaggi che prendono vita nelle increspature della sua voce e che tutti
insieme vanno a ravvivare un tableau vivant della vita in quell'angolo di Scozia.
A muoverne le fila c'è un cantastorie che da più di dodici anni si è trovato un
punto d'osservazione sul mondo e un modo di raccontarcelo che continua ad incantarci,
neanche fossimo i bambini del pifferaio di Hamelin.