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roots rock di
Marco Poggio (29/03/2012)
Con
nove album all'attivo, Me then You compreso, ed un'intensa attività
live, che l'ha visto dividere il palco, tra gli altri, con Fred Eaglesmith, Rodeo
Kings, Prairie Oyster e Steve Earle, del canadese Brock Zeman si può dire
tutto meno che sia un novellino. Se a ciò aggiungiamo la recente creazione di
una propria etichetta discografica, la Mud Records, abbiamo l'ulteriore conferma
di trovarci di fronte a un'artista tanto completo quanto maturo. Maturità che
si avverte in particolar modo sul versante compositivo, a dimostrazione della
bontà e della prolificità della penna del nostro. Dieci i brani che compongono
la raccolta, capaci di travalicare confini fisici e musicali, tanto da sembrare
incisi in qualche sperduto studio texano, mentre in realtà trattasi del frutto
di alcune sessioni di registrazione tenutesi nel natio Canada. Ed è proprio al
Lone Star State che la mente e l'anima di Zeman sono rivolte, scavando in quel
fertile terreno sonoro che in passato ha visto la nascita di alcuni tra i migliori
songwriters statunitensi.
Un "legame" ulteriormente rafforzato da una
voce, roca e profonda al contempo, che in più di un frangente ricorda quella di
un altro texano d'adozione, quel Steve Earle incontrato più volte on stage. Voce
intorno alla quale il nostro ha saputo modellare le proprie composizioni, in bilico
tra sommesse atmosfere d'estrazione Americana e robuste sferzate elettriche in
odore di roots rock. Un ventaglio sonoro ad ampio raggio quindi, capace di passare
dalla muscolare Push Them Stones, nella quale
brilla lo sferragliare della sei corde elettrica di Blair Hogan, fino ad arrivare
alla rarefatta Triple Crown, impreziosita
dai liquidi interventi dell'organo. I rimandi al poc'anzi citato Steve Earle si
fanno ulteriormente marcati in Until it Bleeds,
nella quale Zeman sembra fare propri gli stilemi sonori dell'illustre collega.
Influenza earliana che traccia una sorta di binario musicale sul quale viaggiano
brani come la vigorosa ed elettrica Someone for You,
a cui fa da contraltare l'ariosità acustica della soffusa Light
in the Attic, screziata dalla pedal steel e dal piano.
Esula,
almeno in parte, dal mood sonoro del disco, la bluesata e waitsiana Claws,
con ancora l'elettrica di Hogan protagonista, prima che la cadenzata Season
of Sleep ci riporti nuovamente in melodici territori roots rock. Splendida
è la struggente ballata End of the World che,
insieme alla tenue Rain on the Roof #1, hanno
il pregio di stemperare ulteriormente i toni dell'album in favore di una dimensione
più raccolta, come peraltro ribadito dalla conclusiva Rain on the Roof #2,
nella quale fa la sua comparsa anche una sezione di archi, il cui operato è reso
persino più avvolgente dallo scroscio della pioggia che si avverte in sottofondo.
Una manciata di ottime canzoni unite a una produzione sonora all'altezza della
situazione, fanno di Me then You il capitolo più riuscito della carriera del songwriter
canadese. Se Brock Zeman non abbandonerà la via che ha deciso di percorrere, in
futuro sono sicuro che saprà riservarci altre gradite sorprese.