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alt-country, singer songwriter di
Fabio Cerbone (14/03/2012)
Un
po' a sorpresa e con largo anticipo rispetto allo stesso mercato nord americano,
Leeroy Stagger propone il suo quarto lavoro in casa Blue Rose, dove certamente
ha trovato terreno fertile e orecchie sensibili al suo roots rock d'autore, tipica
espressione di quel suono alternative country che si è aperto un varco dopo il
successo internazionale di Ryan Adams. La produzione del songwriter canadese,
originario dello stato dell'Alberta, ha ricevuto una spinta decisiva in tale dirazione
(e i paragoni con l'ex Whiskeytown non sono mai mancati, forse anche a spropostito...)
dopo la pubblicazione di Everything
Is real, promettente rilancio della sua
carriera dopo qualche uscita solista che aveva ricevuto scarsa eco, se non strettamente
in patria. La creazione dei Wildflowers come backing band aveva poi dato vita
a Little
Victories, a tutt'oggi il suo album più fortunato anche in termini
di risposta del pubblico e di tour internazionali. Proprio da una coda di queste
tournè, durante una pausa sul territorio americano, ha preso forma Radiant
Land, undici episodi registrati in soli tre giorni al Club Roar di Nashville
con una formazione ribatezzata semplicemente Leeroy Stagger and His Band.
E
nel segno di una certa elementarità si pone anche il contenuto di questo disco,
largamente dedito a ballate elettriche e bozzetti alt-country dal sapore introspettivo
e un po' depresso nelle liriche, senza uscire dalle conquiste artistiche dei predecessori.
Là dove avevamo sperato che la musica di Stagger, uno che un bagliore di talento
lo aveva sempre lasciato intuire (c'era stato anche l'episodio a sei mani con
Tim Easton e Evan Phillips chiamato ESP), potesse distaccarsi dal suo guscio e
compiere un balzo più deciso, di carattere e spessore artistico, oggi lo ritroviamo
ancora imbrigliato nei gradevoli e innocui sobbalzi di
Enough Love to Go Round e Message of Love,
nella accomodante malinconia elettro-acustica di Maria
e Radiant Love, di tanto in tanto azzannando
la carne di un rock'n'roll più irrequieto con Dirty Windshields
(testo ecologista per la sua terra natia che volge lo sguardo a progetti di energia
nucleare) e Summer Storm (bonus track non
indicata in scaletta).
Non c'è nulla che vada realmente storto in queste
canzoni, con una band che nelle chitarre a volte riverberate di Evan Uschenko
e nell'organo di Stepehn Turney, trova una chiave per accennare un rock dalle
gradazioni desertiche (Light that Guides You Home,
Nightime Talks to Me), con recrudescenze
quasi degne della stagione post punk californiana (Capitalism
(Must Die!) ha una punta di Paisley underground che gli scorre nelle
vene). Eppure restiamo sempre un passo prima dell'esplosione, tra la bella calligrafia:
forse perché di dischi come Radiant Love se ne sentono troppi e forse semplicemente
perché di colleghi bravi tanto (e a volte anche un briciolo in più) quanto Leeroy
Stagger ne è pieno il mondo Americana.