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roots rock,
alt-country di
Davide Albini (31/03/2012)
Sono
in sei (più un organista aggiunto in studio) e hanno tutta l'aria di essere l'ennesima
bar band di Austin: si tratta invece di una formazione australiana al debutto
sulla lunga distanza (l'etichetta è la Plus One, la distribuzione europea
a cura della Sonic rendezvous), dopo un ep di rodaggio (stampato in sole 500 copie),
che ha fatto circolare il nome dei Rattlehand sulle radio locali. Arrivano
da Brisbane e confermano il legame di questa terra lontana con il suono più "radicale"
e tradizionalista della provincia americana, risultando in tutto e per tutto un
combo di estrazione roots rock. Non dovremmo neppure sorprenderci di queste affinità
elettive, tanto è vero che negli scorsi mesi uno degli act più interessanti sul
terreno dell'alternative country è stato proprio un gruppo australiano, con cui
i Rattlehand hanno condiviso il palco, i Wagons di Rumble,
Shake and Tumble.
Una bottiglia di tequila in copertina, un
collo della stessa probabilmente utilizzato per la tecnica slide, qualche goccia
di liquore sul tavolo, tutto richiama le atmosfere sudiste di questo omonimo esordio,
in buona parte incentrato sulle canzoni del leader (voce e chitarra) Josh Shelton.
Il resto dei musicisti vantano tutti precedenti esperienze in gruppi di Brisbane,
ritrovatisi oggi sotto l'egida del country fuorilegge anni 70, di certo suono
southern rock e del blues rurale, caratteristiche che si riassumono in brani dall'impronta
grezza, diretta, già pronti per essere messi alla prova dal vivo. In effetti il
feeling decisamente informale e live delle esecuzioni rimanda alla natura stessa
dei Rattlehand: la cavalcata di The Ballad of Frederick
Ward, ad esmepio, o la più polverosa e ruspante Sonny
& Rosita, il boggie di Leavin' (ricordano
i primi ZZ Top) sono tutti episodi pensati per esplodere sul palco.
Nulla
di particolarmente geniale dunque sul piano compisitivo, ma basi solide, discrete
armionie vocali e un bel gioco fra le chitarre dello stesso Shelton e di Josh
Rippingale, cui fanno da essenziale contorno il mandolino di Glen 'Fort' Jarvis
e soprattutto l'armonica di Steve Wallis. Quest'ultimo in effetti è un elemento
molto caratterizzante, che fornisce quella ostinata cadenza bluesy alla maggior
parte del materiale, dalle acustiche You To Do
e Money For Jam alla rocciosa Lord'll
Let You Down, per giungere al finale esplicito di Sunday
Night Blues. I Rattlehand sono ancora indecisi se assecondare del tutto
la loro vena elettrica o mantenersi fedeli alla tradizione: in Pike
River sembrano veramente una delle tante band alt-country che si sono
opposte negli anni all'omologazione di Nashville, tornando alla lezione dei padri,
mentre il rock agreste di I'm Doin Fine e
Shoulder for the Song non fa che evocare i ricordi di una stagione lontana
e tanto amata, ispirazione a metà strada fra The Band e il country rock californiano.