File Under:cowboys
from sweden di
Fabio Cerbone (15/11/2012)
Suona
quasi ripetitivo sottolineare per l'ennesima volta la vivacità della scena roots
scandinava, anche perché attraverso etichette, artisti, live ci siamo accorti
ormai di quanto il linguaggio della tradizione americana abbia attecchito in quelle
terre, dando anche frutti dalla caratura internazionale, spesso sconosciuti o
ignorati più per motivi di lignaggio e duri preconcetti. Mikael Liljeborg, in
arte Buford Pope, appartiene di diritto alla schiera e sgomitando di gran
carriera si è trovato un posto in prima fila grazie a Matching Numbers,
album numero quattro della serie e primo ad essere concepito con un suono full
band. Tutto ciò conservando comunque quei tratti da songwriter brusco e rurale
che alimentano le sue ballate: tradotto significa radici country blues molto forti,
qualche cadenza sudista, una voce strozzata che staziona da qualche parte fra
il Rod Stewart dei primi strepitosi lavori solisti e l'ultimo Patterson Hood.
Trasferitosi trentenne da una sperduta isola del Mar Baltico verso il
sud della Svezia, Buford ha preso seriemente il suo amore per la canzone americana
(lui cita Neil Young, Tom Petty, Jackson Browne e Bruce Springsteen…e vanno tutti
più o meno nella direzione giusta per inquadrare Matching Numbers) in un'età ormai
matura, dando l'impressione di un talento che aveva bisogno dei suoi spazi. Matching
Numbers è il classico disco nato sulla strada (e per la strada), che riflette
l'intesa con la band (da segnalare Pelle Jernryd alle chitarre, dobro e lap steel
e Amir Aly all'organo hammond, accordion e piano) e quindi un approccio più diretto,
che l'elettrica pulsazione di Brothers of Mine
sintetizza ad inizio scaletta. In verità, pur lambendo i territori di un rock'n'roll
da strada maestra, Buford Pope sfrutta la sua malinconica voce, alcolica e gracchiante,
soprattutto per infarcire il disco di ballate rootsy dai toni bucolici, passando
dal morbido country rock di Somebody Like You
e Faces Don't Smile ai paesaggi agresti di
What She wants, con un gioco di rimpalli
tra fiddle e accordion che sa decisamente di spazi perduti e America di provincia.
D'altronde l'immaginario musicale su cui lavora Matching Numbers è inconfondibile
e anche l'intimità semplice dei testi è scritta sulla pietra: qui però non scadiamo
nel campo delle repliche di plastica, e basterebbe una dolcissima A
Garden Rose, qualcosa che pare sbucata dalle session perdute di Gasoline
Alley (Rod Stewart) per spostare Buford Pope nel novero delle piccole sorprese.
Senza secondi fini e strani intendimenti, sia detto: Matching Numbers
è un piccolo disco che compie il suo saliscendi fra tradizione (la rustica Another
Man's War, una bluesy The Gambler) e tranquille
intenzioni rock (Bad Enough), mantenendo un'identità
molto precisa, che per qualcuno sarà anche un difetto di devozione verso i modelli
di riferimento, ma per noi si tratta spesso di un segnale di onestà e buona attitudine.