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blues di
Marco Poggio (13/04/2012)
Se
l'esordio dello scorso anno, Your Mama Don't Like Me, era pervaso da arcaiche
atmosfere acustiche in odore di roots music (aggiudicandosi tra l'altro un BC
Indie Awards come miglior album di folk tradizionale), con questo Like the
Devil Does, Miss Quincy intraprende un nuovo cammino all'interno
della tradizione musicale americana, ampliando la propria cifra stilistica fino
ad inglobare densi ed elettrici umori blues e melliflue reminescenze jazz. Esplorazione
sonora che trova giovamento dall'apporto della sua nuova band, The Showdown, all
female duo formato da Shari Rae al contrabbasso e da Holly Magnus alla batteria
(entrambe anche alle backing vocals), al quale si aggiungono alcune incursioni
strumentali esterne, sapientemente orchestrate dal produttore Tim Williams. Proprio
a quest'ultimo va ascritto gran parte della buona riuscita dell'intero album,
grazie a una produzione mai invasiva ma bensì mirante a privilegiare la genuinità
musicale della cantautrice canadese. Il resto lo fa la penna della stessa Miss
Quincy che, unita a una vocalità tanto espressiva quanto versatile e ad un'invidiabile
abilità chitarristica, confeziona una manciata di composizioni di rara bellezza.
Esplicativa del nuovo percorso sonoro è la title track, posta in apertura,
tra fangose rimembranze blues, l'avvolgente liquidità di un organo e il solido
supporto ritmico di contrabbasso e batteria. Dalle parti del border si attesta
invece la successiva Going Down, che riporta
alla mente atmosfere sonore care ai Calexico, con la sezione ritmica che suona
tanto parca quanto precisa, e dove spicca una sofferta interpretazione vocale
della nostra. Dirty Sunday è un riuscito e
rallentato shuffle, ottimamente suonato e interpretato dalla canadese, che dimostra
in questo frangente nuove velleità da blueswoman, in parte celate nel disco precedente.
La sezione ritmica assurge a protagonista nel notturno reprise di I
Want a Little Sugar in My Bowl, dal songbook di Nina Simone, con la
suadente vocalità di Miss Quincy ben contrappuntata dagli interventi di una tromba
che pare arrivare da un fumoso jazz club newyorkese. La sostenuta Dangerous
dal canto suo, riprende i dettami del boom-chicka-boom di cashiana memoria, aggiungendovi
l'ulteriore apporto melodico di un violino.
In
Til the Money Comes In e Dawson City line
a fare capolino è invece l'anima rootsy dell'artista: la prima è una lirica ballata
virata verso lidi country, mentre nella seconda la presenza di un banjo ammanta
il tutto di tradizione folk. Echi blues sono ancora una volta presenti in Silent
movie, complice anche un percussivo barrelhouse piano, così come nella
divagazione sonora per chitarra slide di Hurricane,
tra cambi di tempo, stacchi e ripartenze. Nella toccante liricità di "Carmen",
piccolo gioiello di stampo folkie, a colpire è la straordinaria somiglianza tra
la vocalità della cantante canadese con quella di Ani DiFranco, tanto che in un
blind test si rischierebbe seriamente di scambiare il brano in questione per uno
appartenente al repertorio della cantautrice di Buffalo. Un album tanto variegato
quanto affascinante, che conferma il talento e la versatilità di un'artista, Miss
Quincy, in costante crescita.