File Under:doo-wop
twang di
Marco Poggio (24/01/2013)
Canadese
d'origine, Melissa Ruth ha dovuto abbandonare, come d'altronde molte altre
sue "colleghe", la terra natia per poter avviare la propria carriera musicale.
Trasferitasi infatti nell'assolata California, per iscriversi alla facoltà di
musica, si dedica al contempo alla stesura di brani autografi, i quali andranno
in seguito a comporre il suo album d'esordio. Una volta laureatasi, si stabilisce
ad Eugene, Oregon, dove, oltre ad iniziare la professione d'insegnante, in ambito
ovviamente musicale, pone le basi di un parallelo percorso artistico, la cui prima
tappa è la pubblicazione di Underwater and Other Places. Un debutto, quest'ultimo,
caratterizzato da scarne composizioni di ascendenza folk, o per meglio dire "home-grown
folk sass", come definito dalla stessa Ruth.
Una formula quest'ultima
che sembra tuttavia sopravvivere solo in parte tra i solchi del nuovo Ain't
no Whiskey, nel quale, complice l'acquisto di una chitarra elettrica,
una Guild Freshman del 1958 per la precisione, lo spettro sonoro della songwriter
canadese pare allargarsi a dolenti ed elettriche sonorità bluesy, così come a
soffuse melodie jazz. La schiettezza acustica del debutto viene in parte accantonata,
in favore di una maggiore introspezione, percepibile tanto a livello sonoro quanto
lirico. Fondamentali, nell'attuazione di questo cambio di sonorità, sono senza
dubbio gli apporti strumentali di Johnny Neal, marito della stessa Ruth, alla
chitarra e al basso, e del fratello di quest'ultimo, Jimmy, che percuote con calibrata
maestria i propri tamburi. Quello che il trio ottiene è un amalgama elettro-acustico,
nel quale trovano spazio agresti echi country, la sofferenza insita nel blues,
ed il fascino notturno del jazz, in quello che la nostra sintetizza con la suggestiva
definizione di "doop-woop twang".
E proprio una chitarra twangy tesse
la melodia nell'opener Drive in the Rain,
umbratile blues dalle tinte country. Impregnata di sentori bluesy è anche la title
track, avvolgente slow che si dipana lento intorno a una sofferta interpretazione
vocale della Ruth, che pare trovarsi a proprio agio negli inediti panni della
blueswoman. Assistiamo invece ad un ritorno verso gli originari territori folk
nella pulsante Write Me a Love Song, con un
preciso lavoro di Jimmy Neal alle spazzole, così come nell'armonioso valzer No
one Said Nothin 'bout Dancin'. Se Cinco de Mayo è una riuscita
ballata d'impronta folk, la conclusiva Wake me in the
Morning è un nuovo malinconico tuffo nel tormentato animo della songwriter,
enfatizzato dai ricami della sei corde di Neal. Un album di una bellezza insinuante
Ain't no Whiskey, ad opera di un'artista che pare aver trovato la dimensione sonora
ad essa più congeniale.