File Under:soul
rock di
Gianni Del Savio (20/11/2012)
Testa
rasata, piercing al labbro inferiore, espressione lievemente sorridente, con lo
sguardo verso il basso (o ad occhi chiusi?), sguardo che nella foto interna diviene
invece deciso, vagamente aggressivo, con tanto di tatuaggi su petto e braccia
(in un avambraccio trova posto un bellissimo pavone). Braccia che stringono una
chitarra con senso di affetto (ma potrebbe anche essere di sfida o di orgoglio):
così si presenta questa brava cantante, chitarrista e pianista - che, dicono alcune
note biografiche, suona molti altri strumenti - nonché autrice di tutti brani
(di cui uno insieme a Keb' Mo), meno un paio. Beverly McClellan è
accompagnata da un manipolo di musicisti (due chitarre, tastiere, basso, batteria)
che le offrono un'adeguata struttura ritmica in buona parte del repertorio (mano
un po' pesante, ogni tanto, quella del batterista Tony Braunagal), in particolare
nell'acceso Can't Hide Me, boogie-rock-blues
dal titolo indicativo.
Il clima prevalente dell'album è quello mid-tempo
dalla pulsazione marcata, a cominciare da I See Love,
dal meno aggressivo Lyin' To, dal fluido Love
Will Find A Way Out (dove la formazione cambia e, tra gli altri, allinea
Keb Mo alla chitarra, oltre a un trio vocale), uno dei momenti migliori dell'album,
fino a Precious Time. Ma c'è spazio anche
per le ballad, vagamente soul, quali l'ottima Come To
Me, la marcata I Never Will Forget e la più drammatica e famosa
Nobody's Fault But Mine, traditional d'origine
religiosa, che dopo la straordinaria versione di Blind Willie Johnson ('27) vanta
una miriade di cover che vanno da quelle di Nina Simone e Otis Redding a quella
dirompente dei Led Zeppelin. Beverly se la cava bene, senza strafare, con un uso
tagliente della chitarra e un'adeguata tensione ritmica.
Le bonus tracks
(tre in tutto per questa ristampa 2012 nominata "Tour Edition") fanno
preferire la semi-acustica Do It, di taglio
cantautorale (lei e il piano) e A Case Of You,
firmata da Joni Mitchell, di cui in qualche passaggio la McClellan fa vagamente
(!) ricordare la timbrica vocale, anche se più in generale appaiono più evidenti,
ma non ugualmente incisivi i riferimenti alle varie Janis Joplin, Etta James e
Bonnie Raitt, di cui parlano alcune linee biografiche pescate in rete. A tal proposito
credo si possa dire qualcosa a riguardo degli aggettivi usati per descrivere la
sua voce: certamente buona e dai tratti indubbiamente incisivi, ma non particolarmente
personale; brava insomma, ma non di così immediata riconoscibilità.