File Under:americana,
alt-country di
Gianuario Rivelli (22/09/2012)
Presentato
su queste pagine la scorsa primavera, riproponiamo il debutto dei Mastersons per
la New West, che ha subito qualche cambio sulla tabella di marcia e finalmente
è approdato ad una distribuzione ufficiale europea soltanto in queste settimane.
Una segnalazione meritata perchè si tratta di uno degli esordi più
interessanti in ambito Americana del 2012: lo dimostra il recente tour insieme
ai Dukes di Steve Earle
Una
regola non scritta, benché sostenuta da studi di prestigiosi atenei, vuole che
marito e moglie farebbero bene a non fare lo stesso lavoro: oltre a disseminare
di mine il rapporto di coppia, è molto probabile che l’esito delle fatiche comuni
dia luogo a risultati negativi. Come è noto, però, a ogni regola corrisponde la
sua eccezione e i coniugi Mastersons ne sono la prova più evidente. Il
loro Birds Fly South è infatti un disco convincente dalla prima
all’ultima nota, fresco come un bicchiere d’acqua di montagna, zeppo di melodie
limpide e di suoni in gran parte acustici di matrice alternative country. Prima
di sposarsi nel 2009 e di dar vita al loro sodalizio artistico, i texani Eleonore
Whitmore (riccioli rossi e una precoce passione per il violino) e Chris Masterson
(un nerd che ci sa fare con le chitarre di ogni tipo) avevano già realizzato un
album solista a testa, oltre ad essere stati apprezzati musicisti di Regina Specktor,
Diana Ross, Angus and Julia Stone l’una e Jack Ingram, Son Volt e Hank Williams
III l’altro.
Considerando pure la loro attuale militanza nella backing
band di Steve Earle, è evidente che di spunti per mettersi in proprio i nostri
ne avevano eccome e li hanno concretizzati nel migliore dei modi. Tutto è chiaro
sin dal principio: l’iniziale You Don’t Know
è il brano manifesto di dove vogliono condurci i Mastersons, country rock da manuale
che si libra sulla provincia americana con la sua melodia ariosa che pare uscire
da un greatest hits di gente come Shannon McNally o di Tift Merritt. Chitarre
a profusione, violini e mandolino si rincorrono creando tappeti sonori su cui
ci si può distendere comodissimi: è il caso di Tell Me
It’s Alright in cui Eleonore dimostra come gli archi possano essere
un’arma impropria per scaldare il cuore, di One Word
More che flirta col pop e seduce con una sinuosa pedal steel o di The
Other Shoe, con venature soul e impeccabili intrecci vocali. Costante
è la sensazione di uno stato di grazia compositivo, di una certa facilità nel
confezionare ganci irresistibili come quelli della rutilante e rootsy Money oppure
un mid-tempo conturbante ed elettrico come Fool.
E ancora la dolente Time e la splendida
conclusione della title track dimostrano come sul comodino dei Mastersons non
possono mancare i numi tutelari Gram ed Emmylou. Tuttavia la prova schiacciante
che Birds fly south sia uno degli esordi più interessanti di questa prima parte
del 2012 è quando i Mastersons giocano a fare i Jayhawks senza sfigurare minimamente
al confronto degli originali: cosa sono Would It Really
Be a Sin e Crash Test se non Louris
e Olson sotto le mentite spoglie di due sposi texani?