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troubadours di
Fabio Cerbone (08/01/2013)
Abbiamo
seguito passo dopo passo la carriera discografica di questo arcigno figlio del
Texas, aiutati anche da una regolarità quasi infallibile delle sue pubblicazioni,
sei in una decina d'anni e sempre sopra la media, quanto meno se confrontate con
il mondo della canzone d'autore country. Album come Kiss on the Breeze
o Honky Tonk'n Churches hanno riaperto la strada, anche fra le nuove generazioni,
verso la tradizione dei cosiddetti troubadour, una categoria dalla quale Kevin
Deal trae innegabilmente ispirazione, essendo da sempre suoi maestri personaggi
quali Joe Ely, Jerry Jeff Walker o Guy Clark. Giunto a There Goes the Neighborhood,
Deal non ha più molto da dimostrare e indiscutibilmente la conferma del sodalizio
con il produttore Lloyd Maines è un motivo in più per aspettarsi da lui
la solita ricetta fatta di walzer country e honky tonk, a cui questa volta si
aggiungono cadenze nettamente più rurali che rimandano al bluegrass, a certa old
time music di ritorno, nonché ad un briciolo di gospel fra le righe.
È
senza dubbio un disco meno elettrico dei predecessori (ottimo il penultimo, Seven)
e questa differenza si fa notare in termini di attenzione generale: troppi episodi
tendono infatti a pestarsi i piedi, tutti cadenzati sui ritmi blandi di un country
di natura acustica (A Long Time Ago, Just
Another Poet, quest'ultima con un appassionato riferimento giovanile
a Neil Young), fra marcette hillbilly che la stessa title track, Cosmic Accident
e I Need Revival ci mostrano in un trittico
iniziale che potrebbe anche esaurire il messaggio dell'intero disco. I motivi
sono forse da ricercare in un'opera che si presenta con un carattere molto più
religioso del previsto, fortemente incentrata su temi cristiani che brani quali
When Your Name is Called, King
Jesus, This Old Cross Aorund My Neck sottolineano esplicitamente,
a cominciare dai titoli, e confermano nelle liriche, popolate da caratteri alla
ricerca di fede e speranza.
Una dose che viene rincarata dalla presenza
dell'immortale classico Amazing Grace, qui
punteggiata da un pacifico suono Americana dettato dall'armonica dello stesso
Kevin Deal e dagli inerventi di Rick Hood al dobro e Lloyd Maines al mandolino.
L'intrecciarsi fra steel guitar, banjo, violino e voci femminili (c'è anche l'amica
cantautrice Terri Hendrix) sottolinea il carattere rustico dell'album, che in
Big Prayer tenta la carta del delta blues
a forti tinte gospel (ma non è nelle corde della voce di Kevin Deal, diciamolo
subito) mentre con Gideon torna al country
più schietto, ma non mi pare riesca a tirarsi fuori dall'impaccio di una certa
stanchezza compositiva e da un prevedibile canovaccio.