Chris Daniels
Better Days
[
Moon Voyage
2012]

www.chrisdaniels.com


File Under: do you like american music?

di Fabio Cerbone (10/12/2012)

Una dozzina di album alle spalle sono un bel biglietto da visita per un musicista girovago di vocazione e impegnatissimo a mantenere legami con mezzo mondo del msuic business americano. In gran parte firmati in coabitazione con il combo di isprazione r&b The Kings, questi lavori sono il risultato di una carriera più che trentennale che parte dalla metà degli anni 70, quando Chris Daniels faceva le valige dal Colorado e affrontava la strada incrociando il suo destino persino con David Johansen (strana coppia) e Russell Smith (più consono forse alle radici musicali di Daniels). Il vero colpo di fortuna è stato però quello di rientrare tra i fondatori del festival di Tellirude, cementando amicizie di jam in jam, semplicemente salendo sul palco. Daniels arriva così a condividere tour interi con Sonny Landreth, David Bromberg, Al Kooper, Bo Diddley, sfruttando la versatilità della sua truppa (The Kings, appunto) come backing band privilegiata.

Chris Daniels ne è indubbiamente l'istrione: autore, chitarrista e persino insegnante presso l'Università del Colorado, dove tiene corsi nella sezione Arts & Media sulla precaria e difficile tecnica del songwriting. Dopo tutta questa gavetta sorprende che l'esordio solista vero e proprio, Better Days, arrivi soltanto nel 2012, per giunta in un momento particolare della sua vita. Appena uscito da una dura lotta contro una forma virulenta di leucemia al midollo osseo, Daniels esorcizza probabilmente i fantasmi della malattia e della morte in un album molto personale, che ha voluto intestarsi in solitudine, pur chiedendo il contributo di una miriade di collaboratori. Grazie ad un trapianto ricevuto dalla sorella Jane e il sostegno dei musicisti, Daniels porta così a conclusione una raccolta molto variegata di Americana, che trova nell'ironia di brani quali Medical Marijuana e Therapy o nei ricordi personali di I Still Think Of You la sua principale ragione d'essere.

Questa generosità è sottolineata anche dall'abbondanza di brani: una ventina in tutto, sparsi in un doppio cd, che in realtà include un irrilevante bonus di sole cinque tracce, quattro delle quali registrate dal vivo al Tellirude festival con i New Grass Revival di Sam Bush. La parte interessante, seppure ligia alla più ferree regole della tradizione, resta a pannaggio del primo dischetto: amalgama di southern music (South Carolina e Wildcat fra le più scoppiettanti), country rock, western swing, blues, old time (Cabin Fever, dai profumi bluegrass), ballate che sfiorano il pop e intermezzi strumentali, Better Days è uno scorrevole ritratto di american music dal respiro comunitario, suonato con mestiere, adorabile finchè si vuole, ma anche irreggimentato in uno standard che non stupisce più. Più di tutto allora sorprende la lunga lista degli ospiti, che include fra i tanti Richie Furay, Bela Fleck, John Magnie dei Subdudes, Lloyd Maines e Glen Fukunaga.



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