Bob Cheevers
Smoke & Mirrors
[
Back 9 Records
2012]

www.bobcheevers.com


File Under: americana, country rock

di Davide Albini (21/11/2012)

Il nome di Bob Cheevers non dirà molto al di fuori dei confini di Austin, dove si è trasferito stabilmente dal 2009, eppure stiamo parlando di un autore che ha quarant'anni di carriera alle spalle, divisa fra Memphis, la California, Nashville (dove ha passato una vita a scrivere canzoni per altri) e persino l'Europa (sarà in tour per tutto l'autunno in Inghilterra), nonchè una certa reputazione fra i colleghi, a cominciare dalla comunità country texana che lo ha adottato con entusiasmo, attribuendogli il titolo di "2011 Singer-Songwriter Of The Year" durante i locali Texas Music Awards. Lo avevamo già presentato su queste pagine, a suo tempo scomodando i più immediati paragoni che suscitavano le sue ballate polverose e il suo rock'n'roll da cowboy fuorilegge: con una somiglianza vocale a tratti impressionante (per il fraseggio leggermente jazzato) con Willie Nelson e un sound fra country rock di frontiera e svisate blues che ricordano Joe Ely e soprattutto l'amico Ray Wylie Hubbard (che lo definisce letteralmente "scarecrow gypsy poet"), Cheevers fa parte di quella schiera di troubadour dall'animo elettrico, a volte troppo rock per suonare espressamente tradizionali.

Smoke & Mirrors segue il già positivo Tall Texas Tales, rafforzando il legame con la terra del South West e addirittura lanciandosi in un'opera doppia, divisa fra un disco elettrico e full band e una seconda parte più acustica e riflessiva. Le prime undici tracce, catturate ad Austin con il produttore Chris Cage e il suono di un risoluto combo (lo stesso Cage al piano, hammond e accordion e Charlie White alle chitarre) sono necessariamente le più interessanti. Basterebbero insomma a rendere affascinanti questi racconti in parte autobiografici, che mischiano leggende e fatti della vita, corse all'oro, vittime di disastri, ubriachi e navigatori: il passo epico di Turn Around, le ambientazioni rurali di North of Baton Rouge, quelle più sinistre di Flesh and Blood e Every Doubt Has a Shadow (country blues alla maniera dell'amico Hubbard), il southern rock di I'm Still Here decretano la versatilità dell'autore e soprattutto la sua esperienza.

Ma sono le ballate da stella solitaria, le evocazioni dal border che suscitano Cardinal Rain, Hope e la conclusiva Vaya con Dios a offrirci il più facile degli accostamenti con lo stile del citato Willie Nelson. Un confronto che dovrebbe farsi persino più schiacciante sul secondo disco, Mirrors, unplugged per scelta e in verità meno coinvolgente. Certo, che Days in Death Valley, She Cries Each Time She Hears a Train (bellissimo titolo), Popsicle Man, Man Named Jesus, Lime on the Rim abbiano punti di contatto spesso quasi imbarazzanti non solo con Nelson, ma anche con tutta la grande generazione texana (ad esempio Guy Clark nel gustoso country&western di Don't Ever Sell Your Saddle) è fuor di dubbio, ma la sensazione è che Cheevers abbia voluto mettere persino troppa carne al fuoco. Detto questo, lo si può considerare semplicemente un piccolo omaggio e restare sintonizzati su quanto di buono, anche ottimo, ha da offrire più della metà abbondante di Smoke & Mirrors.


    


<Credits>