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Under:between
southern rock & outlaw country di
Paolo Baiotti (12/09/2012)
Quando
nel 2003 questi cinque ragazzi di Atlanta esordirono con Bad Luck Ain't No
Crime si sprecarono i paragoni con le band di rock sudista degli anni settanta,
in particolare con i Lynyrd Skynyrd. L'immagine strafottente, il look da fuorilegge,
la presenza di due fratelli (la sezione ritmica di Richard e Brit Turner) e ovviamente
un suono debitore del southern rock con qualche decibel in più hanno contribuito
a questo paragone, ma già l'eccellente ep New Honky Tonk Bootlegs ha fatto
capire che i Blackberry Smoke sono semplicemente un'altra band del sud
influenzata solo in parte da Skynyrd a Allman Brothers.
Nel loro suono
sono presenti il country arrabbiato degli outlaws, il rock stradaiolo dei Black
Crowes (non a caso Chris Robinson ha suggerito il nome ai ragazzi), un pizzico
di classic rock e qualche inevitabile venatura di gospel e soul. Nel corso degli
anni il quintetto è cresciuto, ha supportato band importanti ed è entrato nell'orbita
di Zac Brown, il musicista del sud attualmente più popolare, che li ha presi in
simpatia ingaggiandoli nel suo Southern Ground Recording Group, un passo decisivo
per partecipare ad eventi e tour importanti. Ed ora, dopo l'eccellente dvd Live
At The Georgia Theatre, esce The Whippoorwill, primo album per l'etichetta
di Zac Brown, un ulteriore passo in avanti per la band guidata da Charlie Starr,
cantante dotato di una voce potente ed espressiva nella migliore tradizione del
rock sudista, seconda chitarra e compositore del 90% del materiale. Affiancato
dai fratelli Turner, dalla chitarra affilata, ma non debordante di Paul Jackson
e dalle puntuali tastiere di Brandon Still, Starr è il leader della formazione
ed uno dei migliori cantanti rock degli ultimi anni, senza dimenticare le sue
qualità compositive non comuni.
Il rock grintoso di Six
Ways To Sunday viene subito bilanciato dalla melodia azzeccata di Pretty
Little Lie, così come l'honky tonk skynyrdiano di
Everybody Knows She's Mine si contrappone alla cantautorale One
Horse Town con pedal steel ed organo, a conferma di una buona varietà
negli arrangiamenti, un brano che vedrei bene nel repertorio di Bob Seger, con
un testo sulla difficoltà di cambiare un destino che sembra segnato. Ain't
Much Left Of Me è debitrice dei Black Crowes dei primi dischi mentre
Shakin' Hands With The Holy Ghost ricorda quelli più bucolici dell'ultimo
periodo e anche la title track, un'eccellente ballata dedicata ad un uccello notturno
della Georgia, sembra ispirata dalle atmosfere più rilassate dei fratelli Robinson,
con il piano in evidenza ed un'interpretazione vocale calibrata di Starr. Nel
finale la bluesata Ain't Got The Blues e Up
The Road, ballata spruzzata di gospel, avvalorano il giudizio positivo
su un disco che è entrato nei Top 40 americani, confermando la costante ascesa
della band.