File Under:Americana, country
rock di
Fabio Cerbone (16/09/2012)
Giovane
talento del country rock texano, Rob Baird aveva cominciato a farsi conoscere
grazie a Blue Eyed Angels nel 2010, esordio vero e proprio (in realtà c'era stato
un tentativo, sconfessato dallo stesso autore, negli anni del college) che gli
aveva fruttato anche qualche passaggio radiofonico e una nuova vita ad Austin,
dove si era trasferito da giovane universitario. In effetti la sua età non mente:
oggi venticinquenne, Baird è da ritenersi un songwriter ancora in trasformazione,
nonostante possa vantare il sostegno di ottimi musicisti della scena locale e
un'etichetta, Carnival Music, che fa capo ad uno dei migliori talent scount di
Nashville. Da qui probabilmente la qualità indiscutibile della produzione del
nuovo I Swear It's the Truth, sul quale c'è poco da recriminare
in termini di suono: si tratta di quell'infallibile combinazione di country d'autore,
mainstream rock americano, radici sudiste che caratterizza diverse pubblicazioni
regionali del South West, passando attraverso nomi noti del cosiddetto Red Dirt,
uno stile vincente di questi anni tra il Texas e l'Oklahoma.
Non a caso
il disco è curato insieme a Scott Davis, chitarrista e sparring partner
da lungo tempo di Hayes Carll, mentre alle sessioni, tenutesi presso i famosi
studi Cedar Creek, partecipano Keith Gattis (già con Dwight Yoakam e titolare
di un paio di ottimi e ignorati lavori solisti), Kelly Mickwee delle Trishas e
la coppia Ed Jurdi e Gordy Quist provenienti dalla fortunata Band of Heathens.
Con una squadra simile, infarcito di tempi medi e ballate elettriche con un occhio
di riguardo alla melodia, Rob Baird porta a casa un solido album di genere, viaggiando
spedito fra il battito stradaiolo di Dreams and Gasoline
e il classico alternative country di Along the Way,
il mainstream di More than Willing e alcuni passaggi più bluastri e malinconici
come Redemption o la chiusura di I
Can't Get Over You, cover tratta dal ricco repertorio di Buddy & Julie
Miller.
È esattamente nella scrittura che Baird deve forse ancora maturare:
non solo perché buona parte del materiale è firmata insieme ai colleghi Rick Brantley
e Ryan Beaver, ma anche perché le sue canzoni sono genericamente attraversate
da riflessioni personali (la citata More Than Willing), stereotipi americani
(i temi classici della fuga e della strada in Can't Stop
Running) e un certo romanticismo dolciastro che rende spesso inoffensiva
la sua musica. E pensare che i nomi ai quali più volentieri è stato accostato
sono quelli di John Mellencamp e Chris Knight: del primo resta molto poco, specie
se pensiamo al brusco folksinger di oggi, a parte un sommario debito di suono
che in fondo accomuna moltissimi di questi songwriter dell'ultima generazione;
del secondo invece, fatte salve le somiglianze vocali e di stile (oltre allo scopritore
comune, Frank Lidell), manca proprio la profondità delle storie narrate e lo sguardo
sull'America marginale.