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Charles Wesley Godwin
How the Mighty Fall
[Charles Wesley Godwin 2021]

Sulla rete: charleswgodwin.com

File Under: appalachian troubadour


di Fabio Cerbone (25/11/2021)

Terra generosa di questi tempi la West Virginia, almeno dal punto di vista musicale: non abbiamo fatto in tempo a segnalare la promettente scoperta di Sierra Ferrell, che da quelle parti è cresciuta, che ora è la volta di Charles Wesley Gowdin. Entrambi hanno un retroterra ancorato alla tradizione locale, con una forte eco delle radici country-folk e hillbilly che rimandano a tutto quel mondo legato ai monti Appalachi, catena montuosa che si porta dietro storie di miniere e gente povera e isolata. Godwin, guarda caso, è figlio di un minatore e di una maestra elementare, ha quelle storie e quel passato scolpiti nell’anima, anche se ha preso la sua strada viaggiando nel mondo: ha studiato in Estonia, ha suonato in Svezia, è tornato poi in patria, ha messo su famiglia in Ohio, dove di recente è diventato anche padre.

Queste esperienze hanno influenzato molto il suo songwriting, che a detta dello stesso autore ha spostato le attenzioni dalle liriche più autobiografiche e regionali dell’esordio Seneca (album del 2019 segnalato con parole lunsinghiere da testate come Billboard e Rolling Stone) verso la scrittura universale e dal taglio narrativo del qui presente How the Mighty Fall, una raccolta di intense ballate sul tempo che scorre, la mortalità, le speranze e i rimpianti che si possono accolumulare anche in una giovane vita come quella del protagonista. L’album si segnala come un buon esempio di Americana d’autore, intendendo con questo sottolineare la qualità sia delle canzoni sia della produzione, quest’ultima curata, come nel precedente lavoro, da Al Torrence, anche chitarrista aggiunto. Godwin è in grado di esprimere una sua voce, seppure non discostandosi mai dalla tradizione e dai suoni che ci aspetteremmo da un musicista cresciuto in quell’angolo degli States: il violino di Ben Townsend e la pedal steel di Read Connolly che lo accompagnano nel picking acustico di Over Yonder ci introducono al suo racconto e lo fanno nel migliore dei modi, con quel robusto sapore di derivazione irish che soffia dagli Appalachi.

Sono proprio gli episodi di impostazione più folk a trasmettere meglio l’anima del songwriter, ad esaltare il suo canto antico e le sue radici famigliari: Lyin’ Low si colora dei toni country rurali dettati da fiddle e dobro, Temporary Town si addolcisce con la seconda voce femminile di Nate Catanzarite e le note del piano tenute sullo sfondo, mentre Jesse svela la stoffa dell’autentico storyteller e Needle Fall Down si regge sull’essenziale trinomio di voce, chitarra e dobro. Tutta la prima parte di How the Mighty Fall è quella che sembra riflettere con più autenticità il background di Godwin, il quale da metà disco in avanti decide di accelerare un po’ i ritmi e calcare sull’enfasi delle chitarre elettriche, senza mai eccedere o risultare incolore: fra la sua West Virginia e Nashville, la galoppante Strong, il country rock in abiti western di Bones e Gas Well o la “texana”, spedita ed elettrica Blood Feud fanno comunque il loro dovere, magari pensando anche di posizionarsi in qualche passaggio radiofonico.

Nulla che vada a stravolgere il cuore di questo ragazzo della West Virginia, la base di partenza della sua musica (che ritorna in Cranes of Potter e nella stessa How the Mighty Fall), a cui forse manca ancora quel briciolo di carattere in più per imporsi sull'agguerrita concorrenza.


    


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