Terra generosa di questi tempi la West Virginia,
almeno dal punto di vista musicale: non abbiamo fatto in tempo a segnalare
la promettente scoperta di Sierra
Ferrell, che da quelle parti è cresciuta, che ora è la volta
di Charles Wesley Gowdin. Entrambi hanno un retroterra ancorato
alla tradizione locale, con una forte eco delle radici country-folk e
hillbilly che rimandano a tutto quel mondo legato ai monti Appalachi,
catena montuosa che si porta dietro storie di miniere e gente povera e
isolata. Godwin, guarda caso, è figlio di un minatore e di una maestra
elementare, ha quelle storie e quel passato scolpiti nell’anima, anche
se ha preso la sua strada viaggiando nel mondo: ha studiato in Estonia,
ha suonato in Svezia, è tornato poi in patria, ha messo su famiglia in
Ohio, dove di recente è diventato anche padre.
Queste esperienze hanno influenzato molto il suo songwriting, che a detta
dello stesso autore ha spostato le attenzioni dalle liriche più autobiografiche
e regionali dell’esordio Seneca (album del 2019 segnalato con parole
lunsinghiere da testate come Billboard e Rolling Stone) verso la scrittura
universale e dal taglio narrativo del qui presente How the Mighty
Fall, una raccolta di intense ballate sul tempo che scorre, la
mortalità, le speranze e i rimpianti che si possono accolumulare anche
in una giovane vita come quella del protagonista. L’album si segnala come
un buon esempio di Americana d’autore, intendendo con questo sottolineare
la qualità sia delle canzoni sia della produzione, quest’ultima curata,
come nel precedente lavoro, da Al Torrence, anche chitarrista aggiunto.
Godwin è in grado di esprimere una sua voce, seppure non discostandosi
mai dalla tradizione e dai suoni che ci aspetteremmo da un musicista cresciuto
in quell’angolo degli States: il violino di Ben Townsend e la pedal steel
di Read Connolly che lo accompagnano nel picking acustico di Over
Yonder ci introducono al suo racconto e lo fanno nel migliore
dei modi, con quel robusto sapore di derivazione irish che soffia dagli
Appalachi.
Sono proprio gli episodi di impostazione più folk a trasmettere meglio
l’anima del songwriter, ad esaltare il suo canto antico e le sue radici
famigliari: Lyin’ Low si colora dei
toni country rurali dettati da fiddle e dobro, Temporary Town si
addolcisce con la seconda voce femminile di Nate Catanzarite e le note
del piano tenute sullo sfondo, mentre Jesse
svela la stoffa dell’autentico storyteller e Needle Fall Down si
regge sull’essenziale trinomio di voce, chitarra e dobro. Tutta la prima
parte di How the Mighty Fall è quella che sembra riflettere con
più autenticità il background di Godwin, il quale da metà disco in avanti
decide di accelerare un po’ i ritmi e calcare sull’enfasi delle chitarre
elettriche, senza mai eccedere o risultare incolore: fra la sua West Virginia
e Nashville, la galoppante Strong, il country rock in abiti western
di Bones e Gas Well o la “texana”, spedita ed elettrica
Blood Feud fanno comunque il loro dovere, magari pensando anche
di posizionarsi in qualche passaggio radiofonico.
Nulla che vada a stravolgere il cuore di questo ragazzo della West Virginia,
la base di partenza della sua musica (che ritorna in Cranes of Potter
e nella stessa How the Mighty Fall), a cui forse manca ancora quel
briciolo di carattere in più per imporsi sull'agguerrita concorrenza.