Lynne Hanson
Just Words

[Lynne Hanson 2020]

lynnehanson.com

File Under: americana rockeuse

di Marco Restelli (07/02/2020)

Sono cinque anni ormai che osservo con molto interesse il percorso artistico di Lynne Hanson, canadese dallo storytelling dolceamaro e dal sound Americana, con frequenti digressioni rock blues. In realtà il suo esordio discografico risale al 2006 con l’album Things I Miss, dopo il quale ha iniziato un incessante girovagare nel suo immenso paese, negli Stati Uniti e fortunatamente anche in Europa - dove ho avuto il privilegio di vederla suonare dal vivo, in Olanda e in Belgio - al fine di promuovere personalmente i suoi dischi. In questi ultimi anni, finalmente, ha cominciato a raccogliere i frutti di questa continua e determinata semina e così anche la qualità della sua musica è cresciuta progressivamente insieme all’audience che la segue, sempre più numerosa. Ne è la testimonianza questo Just Words, settimo sigillo, per registrare il quale si è affidata per la prima volta a Jim Bryson (Oh Susanna, Skydiggers fra gli altri), produttore che a mio avviso ha saputo sia valorizzare ulteriormente la splendida voce di Lynne, sia vestire le incantevoli melodie, di volta in volta, con l’abito giusto.

Le danze si aprono con True Blue Moon, primo singolo elettrico dal piglio radiofonico in cui Lynne sembra giocare fra l’andamento piuttosto allegro del pezzo ed il testo che in realtà si basa sulla sconsolata constatazione che gli amori veri, in fin dei conti, non durano mai. Seguono due ballate, la midtempo Hearts Fade – caratterizzata da una chitarra à la George Harrison – e la più morbida break up song Long Way Home (nuovo singolo) che descrive il viaggio di allontanamento, fisico ma soprattutto sentimentale, dalla persona a lungo amata. Il blues sporco, ormai una certezza in ogni album della Hanson, lo si trova in una splendida doppietta: prima la tagliente title track e poi la ciondolante e ipnotica Higher Ground. Le cinque stelle le assegno serenamente alla killer ballad Clean Slate che riesce a stenderti al primo ascolto e che verosimilmente è anche uno dei suoi brani migliori di sempre. La carezza di Such A Random Thing, dal mood rasserenante, rimarrà uno dei pochi momenti folk, insieme alla malinconica Hemingway’s songbird, mentre nella dilatata Every Minute In Between Lynne Hanson sfiora il tema dell’alcool (“now I drink whiskey with my coffee”) - spesso ricorrente nei suoi dischi - in questo caso per alleviare il dolore di un amore finito. La chiusura è affidata al bluesaccio di Would You Still (che non stonerebbe in un album di Tom Waits) finito il quale viene subito voglia di ricominciare tutto da capo.

Per concludere, non mi rimane che evidenziare il mio sincero stupore di come questa sensibile cantautrice di Ottawa sia riuscita a superare l’asticella dei già ottimi precedenti lavori (evento raro quando si ha una lunga carriera alle spalle) – fra i quali spicca anche l’ultimo vincente progetto The Lynnes con la sodale Lynn Miles – con un album che, a questo punto, rappresenta la vetta più alta raggiunta sinoa d oggi. Un “climax artistico” di cui essere in qualche modo testimone, è un vero piacere.


    


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