Michael Jerome Browne
That's Where It's At!

[Borealis 2019]

borealisrecords.com

File Under: from folk to gospel

di Pie Cantoni (13/02/2019)

Il canadese Michael Jerome Browne è stata una piacevole scoperta negli ultimi dischi di Eric Bibb e abbiamo potuto apprezzarlo dal vivo l’anno scorso, durante un concerto del bluesman americano in cui Michael faceva da spalla, distinguendosi per l’abilità di chitarrista, banjoista e armonicista. Michael è un musicista di lungo corso, tre volte vincitore del Canadian Folk Music Award (Traditional Singer, 2015; Solo Artist, 2012 & 2008), un Maple Blues Award (con la bellezza di 32 nominations dal 1999) e quattro nominations ai Juno Award nelle categorie Roots/Traditional e Blues.

Questo suo ultimo lavoro è un mix di brani originali e brani ripescati dalla tradizione degli spirituals (una dalle registrazioni di Alan Lomax e un brano di Blind Willie Johnson) e soul (Al Green, Stevie Wonder, Sam Cooke, Bobby Blue Bland), rivisti in chiave scarna, senza troppi orpelli ma lasciando tanto spazio alla chitarra. Il tutto registrato in Canada con ospiti come l’amico Eric Bibb e i due compatrioti Harrison Kennedy e Roxanne Potvin. Il brano con cui Brown decide di partire è una sua composizione, Don’t Ask Me Why, ritmato strumentale, in cui si intravedono subito le sue abilità di chitarrista. Skeletons viene pescata dal repertorio di Stevie Wonder e assume una veste totalmente diversa rispetto all’originale del 1987, che era inevitabilmente figlia dei suoi tempi (e non è un complimento). Anche se la voce di Brown non arriva ai livelli del musicista di Detroit, con la sua versione “desnuda” rimette al centro il funk e la canzone tralasciando fronzoli inutili.

Pharaoh invece è la rendition moderna di uno spiritual registrato la prima volta da Alan Lomax, con Harrison Kennedy che accompagna alla voce. Rispolverata di recente anche da Ry Cooder (nell'ultimo, splendido Prodigal Son), Everybody Ought To Treat A Stranger Right, con l’accompagnamento di Eric Bibb, è una versione più ritmata e divertente dello spiritual di Blind Willie Johnson. La voce di Roxanne Potvin impreziosisce un altro brano originale, Remember When, mentre di Al Green è Here I Am (Come And Take Me), brano ipercoverizzato, a partire da Michael Jackson fino agli UB40. Si passa ancora dalla ballata Louisiana 1927 alla Somebody Have Mercy, brano di Sam Cooke del 1962, che con il suo incedere tipicamente blues, si adatta perfettamente allo stile di Michael. E fra una dolce ballata strumentale (Curtis’ Blues) e un duetto (That’s The Way Love Is, dalla versione di Bobby Bland) si arriva alla fine del disco.

Michael Jerome Browne oltre che essere un grande musicista è soprattutto un fine conoscitore della musica tradizionale americana, delle radici, delle sfumature e delle strade laterali che ha intrapreso divergendo dal percorso iniziale. Sicuramente un disco apprezzabile, nonostante l’eterogeneità del materiale, ma interessante soprattutto perché invoglia a partire da questi brani e andare a scavare per ritrovare le origini. Lavoro che ogni buon musicista dovrebbe saper stimolare negli ascoltatori.


   


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